La politica ad personam

partiti politici 2La politica è cambiata. Avrei potuto anche scrivere “peggiorata” ma sarebbe un gradino più giù dello sparare sulla croce rossa.

A distanza di circa vent’anni dalla cosiddetta  “prima Repubblica”, l’ultima è davvero indegna di questo nome.

Il fatto è che ci siamo assuefatti ai cambiamenti, ai lievi, ma costanti, peggioramenti che caratterizzano sempre più la politica italiana, quella locale specchio di quella nazionale. Bisogna allora fermarsi qualche minuto e ricordare e poi fare un raffronto, cancellando lo stacco temporale intercorso dall’epoca in cui la scena politica era campo di confronto delle formazioni politiche nate con il dopoguerra: la DC, il PCI, il PSI, il PSDI, i Repubblicani, i Liberali e i Missini. A questi partiti andavano aggiunte due o tre forze più estremiste e il famoso arco costituzionale era al completo.

Confrontando quella politica a questa dei nostri giorni non so se mi vien da sorridere o è solo una reazione isterica dettata dalla catastrofe che si palesa.

La fine della “prima Repubblica” doveva sancire la creazione dei due grandi blocchi, di ispirazione anglosassone, formati dai Conservatori e dai Progressisti, dai Repubblicani e dai Democratici, dal Centrodestra e dal Centrosinistra. Ma per noi italiani la cosa è mal funzionata. I due blocchi ebbero presto a esplodere e dalle macerie di entrambi nacquero una serie di schieramenti, movimenti, partiti e partitini, ognuno più o meno caratterizzato da un “idea” politica o da una sfumatura, appena di qualche tono, diversa dal vicino di emiciclo.

Gli schieramenti, da che si contavano sulle dita delle mani, sono diventati una “camionata”.

Nel tempo, poi, qualcuno è scomparso, altri sono implosi, qualcuno ha inglobato altri che erano alla canna del gas e sono nati simboli compositi, tragica rappresentazione della tenacia nel voler restare attaccati alla poltrona che fu.

Oggi i partiti non si contano più e, salvando la pace di schieramenti consistenti, figli della storia o della piazza, tantissimi simboli sono assurti all’onore delle cronache, moltiplicandosi in maniera esponenziale quando si tratta di competizioni elettorali locali e comunali.

A dire il vero e a volersi soffermare per dare uno sguardo ai tanti volantini girati nell’ultimo mese, c’è da fare un’osservazione. Avete notato quanti simboli ci sono in corsa per queste prossime Amministrative? I partiti, quelli, diciamo così, “veri” sono pochissimi e in molte città assolutamente assenti.

In tanti hanno capito, appendendo in maniera inattesa, ma con intuizione repentina, che farsi un partito personale, spendere quel gruzzoletto di consensi, sui quali si dovrebbe aprire un’altra discussione e non è questo l’articolo adatto, far pesare la propria presenza come determinante effettivamente rende!

La cosa era già iniziata da qualche tempo con la comparsa dei nomi nei simboli politici. Ogni partito, infatti, da qualche anno a questa parte ha un suo padrone che non esita a marchiarne il simbolo.

Tanti sono stati gli involontari “stage” tenuti dai tanti “maestri” di politica che con il loro agire “scaltro” hanno, prima di tutto, riportato il tanto agognato successo personale scalando vette di potere inaspettate. Tanti sono stati quelli che “ribellandosi al sistema” si son fatti il “partito ad personam”.

E allora perché non farlo anche a livello locale?

“…io ti porto i voti a te (quasi sempre consensi raccolti grazie ad una bella squadra di “teste di legno” che servono a portare acqua al giusto “mulino”) e tu mi dai l’incarico a mme!”

Accordi, coalizioni, firme e promesse. Evvai col voto! Primavera tempo di voto, fioriscono simboli, loghi e stemmi. E allora non si contano più i democratici, di qualsiasi colore, i moderati sono addirittura in svendita; non mancano ampi banconi di popolari e di gruppi che hanno obiettivi “in Comune”; Riformisti, cattolici e quelli che cercano il “Bene comune”.

L’ultima Repubblica, quindi, e quella del “partito da personam”, è quella del ricattuccio “ad poltrona”.

E così mentre a livello nazionale si prova a far passare il voto europeo per voto politico capace di condizionare la vita democratica del paese, a livello locale tanti piccoli sciacalli anelano a strappare in proprio brandello di res pubblica.

Ma non stavamo meglio quando stavamo peggio? E vi garantisco, non fraintendetemi, parlo di appena una ventina di anni fa.

Gennaro Cirillo

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