Falci, tini e botti: il canto dei Vatt a Vott contro la globalizzazione

i_vatt_a_vottUn po’ di tempo fa mi capitò di leggere un saggio di antropologia dello studioso Ernesto De Martino intitolato La terra del rimorso. Un testo considerato la pietra miliare nello studio del tarantismo o tarantolismo, ovvero di quel particolare fenomeno isterico-compulsivo simile all’epilessia o all’isteria. Secondo una radicata tradizione mediterranea, greca, rimasta poi anche nel Sud Italia, a generare quest’isteria sarebbero i morsi dei ragni, della tarantola, così chiamata per la sua particolare diffusione nella zona di Taranto. E secondo la stessa tradizione l’unica terapia efficace era quella musicale, in grado di guarire, lenire la condizione indotta dalla “pizzicata”.

Negli ultimi anni, le manifestazioni musicali che hanno come oggetto la tradizione musicale della taranta hanno conosciuto un vero e proprio boom. Una riaffermazione che manco a dirlo ha il suo epicentro nell’Italia meridionale: pizziche, tarante, tarantelle, tammurriate; vocaboli molto diversi tra loro, ma che identificano tutti un genere musicale caratterizzato dal ritmo forsennato; un ritmo che rievoca e accompagna, attraverso il rincorrersi impazzito delle note, la danza rituale della taranta. Questa musica, di sapore magico e al contempo religioso, da un po’ di tempo ha incontrato, fino a fondersi in qualche modo, un altro filone della tradizione: quello dei bottari. Ovvero, musicisti che percuotono, per mezzo di falci e martelli, le botti da vino. Un rito antico, risalente forse al 1300, più scandito e regolare rispetto alla taranta, ma caratterizzato dallo stesso coinvolgimento emotivo. Tuttavia ancora più interessante, in questa complessa cornice dal punto di vista antropologico, culturale e musicale, è notare che la musica etnico-popolare non è stata solo riscoperta, ma ha in un certo senso accelerato in maniera considerevole la formazione di gruppi regionali e locali, che mediante un’accurata operazione di filologia musicale e di studio delle antiche ballate, sta lentamente portando alla riscoperta di  tradizioni lontanissime.

Abbiamo incontrato uno di questi gruppi, I Vatt a vott, formatosi poco più di un anno fa nella periferia di Sant’Antonio Abate e prossimo ad esibirsi, dopo il successo riportato durante la Fiera Abatese dello scorso gennaio, nell’importante kermesse del Santa Maria Expo 2014 il prossimo 4 giugno.

L’idea di riprendere in mano la musica etnico-popolare – ci spiega Pietro Savio Ruocco, cantante e chitarrista del gruppo – nasce dal bisogno di esplorare, e quindi riportare in auge, il complesso di valori della nostra comunità. E di conseguenza fare dello spettacolo musicale in sé, un momento di condivisione, di costruzione di un legame con il pubblico. Di empatia, in altre parole.”

In un contesto in cui la globalizzazione ha eliminato le particolarità regionali, non si può che plaudire ai Vatt a Vott e a tutti quegli artisti che attraverso il canto popolare stanno tentando di ribellarsi, con la forza dell’Arte, all’appiattimento generale nel quale siamo piombati.

Angelo Mascolo

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