Intanto il 28 e il 29 giugno, sabato e domenica prossimi, il Teatro Grande di Pompei, chiuso per quattro anni su disposizione della Magistratura, riaprirà per ospitare un evento del Forum Universale delle culture: le due rappresentazioni de L’Orestea (Agamennone il 28 giugno e Coefore/Eumenidi il 29) con la regia di Luca de Fusco, uno spettacolo che ha avuto fino ad oggi 114mila spettatori.
Quest’ultima iniziativa è stata presentata nella mattinata dei lunedì 23. Nell’occasione, alla presenza di tutte le autorità politiche regionali coinvolte, del sindaco di Pompei e del soprintendente Osanna, si è parlato di un’apertura simbolica, quella dell’antico teatro della città degli Scavi il cui restauro è stato oggetto di un’inchiesta giudiziaria: “Vogliamo far ripartire l’indotto della cultura che è un perno della ripresa economica”.
Belle parole, come sempre. Si vogliono valorizzare Scavi archeologici pompeiani, con lo spot di Franceschini e con gli spettacoli “simbolici” nello straziato “Nuovo” Teatro Grande di Pompei.
Dal nostro punto di vista gli annunci della scorsa mattinata potrebbero addirittura avere i canoni di un avallo allo scempio che è stato perpetrato da Marcello Fiori e compagni.
Dopo le infinite polemiche, le denunce, soprattutto le nostre, perché gli altri media, fino allo scoppio dell’indagine, avevano prodotto principalmente enfatizzanti titoloni sul buon lavoro e sullo spettacolare concerto di inaugurazione, è arrivata l’inchiesta e il rinvio a giudizio. Nel 2010, oggi tutto certificato dalla Magistratura, con il “falso” alibi dell’emergenza, gestita dalla Protezione Civile, furono buttati 8 milioni di euro nella “ristrutturazione” di un sito archeologico. Si trattò, infatti, proprio di ristrutturazione e non di restauro e a tal proposito ricordiamo le parole dell’ex commissario straordinario Fiori che definiva, con grandi elogi, l’intervento per ridare “funzionalità” al Teatro Grande come se, appunto, si stesse parlando della ristrutturazione di un teatro caduto in malora e ridato al mondo dello spettacolo e agli amanti del genere.
Restituito nella sua funzione di teatro, ma sfregiato per sempre come sito archeologico.
Tra le altre cose, il Teatro antico è stato restituito non dopo un ciclo di lavori per ridare dignità al Museo a cielo aperto più famoso al mondo, ma restituito dagli organi giudiziari che hanno chiuso le indagini appunto con il rinvio a giudizio di quanti quello stesso sito lo hanno sfregiato, offeso e trasformato in un’arena da villaggio turistico con una indegna e inutile colata di tufo.
E allora se il ministro Franceschini, vuole veramente fare uno spot per l’Italia e per le rovine pompeiane ripristini lo stato dei luoghi mentre la Magistratura, evidenziate le colpe, punisca seriamente i colpevoli.
Gennaro Cirillo