Quattro anni di attesa. Non so se mi spiego… \
Puma ha impiegato anni per perfezionare la divisa e la maglia ufficiale. Svariate multinazionali hanno speso quattrini per aggiudicarsi il volto dei “campioni”.
Le scuole calcio hanno fatto affidamento sul boom delle iscrizioni settembrine.
I padri si sono impegnati ad agghindare financo il cruscotto della auto, partendo dal davanzale, coi tricolori di stoffa.
I Negramaro hanno scomodato Guido Maria Ferilli e il suo “Un amore così grande”.
Balotelli ha aspettato di essere in Brasile per pensare di volersi ammogliare.
Falso allarme, signorina fidanzata. Monsieur Mariò sarà impegnato a promettere amore eterno a Twitter. Almeno lui non lo “sbologna”. Vuoi vede’ che Twitter, in fase “consoliamo il nostro utente più tenace” ha deciso che i 140 caratteri non bastavano più?
Nel caso qualcuno non lo avesse capito, la Nazionale di calcio italiana è fuori. Via, sciò. Tutti a casa. Au revoir Brasile. E’ stato bello finché è durato. I campioni del mondo del 2006, per la seconda volta consecutiva dopo quella coppa vinta (e diciamocelo) manco sappiamo come, se ne tornano disperatamente ai loro yacht e alle loro isole di Sperdulonia.
Mentre noi, qui, immobili sulla terra ferma, ci aggrappiamo all’edizione straordinaria post Italia-Uruguay, al Bye bye Mundial delle 23.35, al c’eravamo tanto illusi pre, post e durante la cena.
E succede che…
Puma ritira le magliette e le divise ché, obiettivamente, chi dovrebbe indossare quella roba? Tuta italiana, sfiga assicurata.
Le multinazionali ritirano, a loro volta, gli spot. Nessuno berrà più l’acqua dei campioni o mangerà più il biscotto dei campioni o si laverà più col sapone dei campioni. I campioni.
Le scuole calcio stanno valutando l’ipotesi di convertirsi in tabaccherie. Fra tabacco e gratta&vinci non conosceranno perdite.
Le madri rientrano le bandiere italiane ché i padri sono troppo impegnati a gufare Costa Rica e Uruguay. “Un amore così grande”, giustamente, diventa “Un orrore così grande”. Fra quattro anni abbiamo già l’inno nostro: “L’illusione” di Giuni Russo. Scaramanzia.
Balotelli twitta “why always me?”, ma baby, ti sposo lo stesso. Un giorno.
Siamo seri per qualche rigo.
L’Italia, che tanto investe nel calcio, viene sbattuta fuori in un girone per nulla ostico. Il tutto accade in maniera contestuale e paradossale alla morte di Ciro Esposito che, per amore di questo calcio malato, circa due mesi fa è rimasto vittima di una sparatoria prima di una partita di calcio. Il ragazzo non ce la fa ed è lutto cittadino. Non il 3 maggio, sia chiaro.
Nel mio paese, solo pochi giorni fa, per una partita di calcio della squadra locale, due fazioni dello stesso paese sono arrivati a darsele. Due gruppi, appartenenti a due rioni diversi e per forza conoscenti, si malmenano per il calcio.
Il calcio muove gli italiani, è argomento da bar, da giornale e motivo valido per apporre ovunque il tricolore, e le mazzate, in qualche caso non singolo. Ogni altro evento, probabilmente più rilevante, passa in secondo luogo. Il prossimo anno ci saranno le Olimpiadi, il basket , il tennis, la pallavolo, il nuoto italiano non ci rappresentano abbastanza? Quante bandiere sventoleranno? Nessuna.
Se tutto va bene, ne vedremo nel 2016 per gli Europei. Di calcio, ovvio.
Visioniamo un telegiornale. Notizie del giorno. Scommettiamo si parli di calcio italiano? Nazionale, Balotelli e veterani, dimissioni di Prandelli e Abete, nuovo ct, morsi e vampiri. E lutti cittadini.
Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”, Winston Churchill ci aveva visto bene. Qualche secolo fa.
Anna Di Nola