I sequestri della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sono stati eseguiti nei riguardi dell’imprenditore Alfonso Letizia, 67 anni, originario di Casal di Principe (Caserta), attivo nel settore della produzione e della vendita del calcestruzzo. Secondo le indagini della Dia, Letizia era il punto di riferimento delle fazioni Bidognetti e Iovine del clan dei casalesi, in quanto metteva a disposizione della “famiglia camorristica” i propri impianti di produzione del calcestruzzo e le proprie strutture societarie. In cambio il clan camorristico gli garantiva condizioni di oligopolio sul mercato casertano imponendo ai cantieri le sue forniture di calcestruzzo.
Sono stati sequestrati beni per un valore stimato in oltre cento milioni di euro. Il sequestro è stato disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e riguarda decine di immobili, automezzi, società e rapporti finanziari. All’operazione hanno partecipato i Carabinieri di Caserta e la Polizia Stradale di Campania e Molise.
Tra i beni posti sotto sequestro 81 terreni e fabbricati, 29 auto e moto, sette società e decine e decine conti bancari e altri rapporti finanziari fra i beni sequestrati dalla Dia di Napoli all’imprenditore Alfonso Letizia, indicato dagli investigatori come “il vero dominus” dell’intero omonimo gruppo imprenditoriale colluso con il clan di camorra dei Casalesi. Alfonso Letizia, 67 anni, originario di Casal di Principe, insediatosi a Mondragone, nel Casertano, è indicato da numerosi collaboratori di giustizia (da Carmine Schiavone, a Luigi Diana, ad Augusto La Torre) come un preciso “punto di riferimento” del clan dei Casalesi. I suoi guai con la giustizia sono cominciati con l’operazione “il principe e la ballerina” che, il 6 dicembre 2011, lo portò in carcere con altre 56 persone scoperchiando un complesso intreccio controllato dalla camorra e fatto di estorsioni, corruzioni, voto di scambio, inquinamenti elettorali, truffe ai danni dello Stato, falsi e riciclaggio dei soldi del clan.
Per i Casalesi – secondo gli investigatori – Letizia era “un punto di riferimento” perché metteva a disposizione del clan i propri impianti di produzione del calcestruzzo e, in cambio, la camorra imponeva le sue forniture di calcestruzzo, naturalmente a prezzo maggiorato. Nel corso degli anni Letizia ha acquisito i siti per l’estrazione e vendita, ha costituito società, ha coinvolto i figli intestando loro quote sociali, ha tenuto personalmente i contatti con esponenti dei clan di camorra sfruttandone il potere di intimidazione – sempre secondo gli investigatori – per il proprio arricchimento. Fra le altre cose, nel corso delle indagini gli investigatori hanno rilevato un meccanismo (definito come “cooptazione camorrista del fornitore”), attuato nel momento in cui il clan ha individuato in Letizia il fornitore del calcestruzzo necessario per costruire un centro commerciale nel Casertano.