Per alcuni mesi era stato nella lista dei 100 ricercati più pericolosi. Poi, in dieci giorni sono arrivati prima l’arresto, poi la condanna a 20 anni per Nicola Esposito, alias «’o mostro», considerato il reggente del clan Cesarano, organizzazione malavitosa che opera tra Castellammare di Stabia e Pompei, con la sua roccaforte nella zona di Ponte Persica, al confine tra le due cittadine del Napoletano.
Per Nicola «’o mostro» (difeso dall’avvocato Massimo Autieri), però, il gip del tribunale di Napoli Maria Vittoria Foschini ha riconosciuto la continuazione del reato, al contrario di quanto richiesto dal pm Pierpaolo Filippelli della Dda che aveva spiegato, durante la sua arringa, come la precedente condanna a 9 anni di reclusione fosse da scindere dalle accuse mosse contro Esposito nell’ambito dell’inchiesta «Easy mail».
Il capo dei Cesarano era sfuggito all’arresto lo scorso mese di ottobre, quando i carabinieri notificarono le ordinanze di custodia cautelare in carcere a capi e gregari del clan di Ponte Persica, accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, armi ed estorsioni perpetrate in particolare nel mercato dei fiori di Pompei. Il suo legale, poi, ne ha chiesto il giudizio con rito abbreviato, giunto alla conclusione proprio in concomitanza con la fine della latitanza di Esposito. Il boss fu arrestato il 5 luglio a casa di Alfonso Cesarano, carrozziere incensurato, unico imputato a processo con «’o mostro»: per lui (difeso dagli avvocati Autieri e Del Vecchio), dopo l’acquisizione del verbale che ne attesta il favoreggiamento della latitanza, è arrivata la condanna a 6 anni e 8 mesi.