Condannati a 14 e 15 anni di reclusione due degli uomini considerati vicini al clan Gionta ed arrestati nel maxi blitz contro i “Valentini” del 4 luglio 2012. In quella occasione finirono in manette una ventina di presunti affiliati alla cosca che fa capo, oggi, al latitante Aldo Gionta, all’epoca dei fatti ancora in carcere.
Il collegio giudicante della seconda sezione penale del tribunale di Torre Annunziata (presidente Maria Rosaria Aufieri) ha condannato Francesco Antille alias «’o ventitre» (difeso dall’avvocato Francesco De Gregorio) a 14 anni di reclusione con il riconoscimento del vincolo della continuazione con una precedente condanna a 10 anni; e Antonio Fiore (difeso dall’avvocato Antonio Cesarano) a 15 anni di carcere. Entrambi avevano scelto di essere giudicati con rito ordinario, optando per un processo più lungo e condanne piene, aumentate dai minuziosi racconti fatti in sede di testimonianza da alcuni testimoni ritenuti molto attendibili sia dall’accusa – rappresentata in aula dal pm Pierpaolo Filippelli della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli – che dal collegio giudicante.
Se Antille è stato condannato per narcotraffico, a Fiore è stata riconosciuta la sola accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, ovvero l’affiliazione al clan Gionta che la difesa dell’imputato aveva cercato di allontanare completamente.
Il processo ad Antille e Fiore si è segnalato, più che altro, per i dettagliati racconti di alcuni pentiti di camorra e dai clamorosi pentimenti da parte di due collaboratori di giustizia.
In particolare, durante le varie udienze del lungo processo ai due affiliati ai Gionta, Alessandro Montella e Vincenzo Saurro alias «sciabolone» hanno travalicato i confini della semplice collaborazione con gli inquirenti. Montella, infatti, dal sito riservato dal quale ha fornito la sua testimonianza, ha spiegato di essersi pentito: «Ho fatto affari con tanti clan di camorra, importavo la droga per loro dalla Spagna e dall’Olanda. Ma adesso provo rimorso per quel che ho fatto, per colpa mia tanta gente si è rovinata». La svolta “morale” di Montella era stata anticipata da quella di Saurro, che aveva lasciato le fila dei “Valentini” abbracciando la Fede. E durante un’udienza del processo Antille-Fiore ha raccontato che «dopo una grazia ricevuta da Padre Pio, maturai la decisione di collaborare con la giustizia».