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Sostegno, quattro alunni disabili per classe: la Commissione Cultura della Camera si arrampica sugli specchi

Vorremo esplicitare il nostro pensiero sull’argomento esposto in un precedente articolo. Il caso di una classe quarta di una scuola primaria dell’istituto scolastico comprensivo di Brusciano  in provincia di Napoli dove risultano iscritti ben quattro alunni con disabilità su un totale di ventidue.

I componenti della VII Commissione di Montecitorio hanno fornito rassicurazioni poco convincenti: i ragazzi con handicap saranno seguiti da più insegnanti di sostegno con un rapporto minimo di uno a due, secondo le disposizioni normative.

La Commissione di Montecitorio ha spiegato che “è stato sentito l’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, il quale ha comunicato che l’Istituto comprensivo «De Ruggiero» di Brusciano si compone di un unico plesso di scuola primaria, con una sola sezione dalla prima alla quinta classe. Per l’anno scolastico 2013/2014 la classe terza è stata costituita da ventitré alunni di cui due alunni con disabilità; in vista del prossimo anno scolastico 2014/2015, invece, la futura classe quarta è prevista con ventidue alunni, di cui quattro disabili”. Premesso questo, continua la VII Commissione, l’ufficio regionale del Miur ha comunque fornito “assicurazione che, anche per il prossimo anno scolastico, gli alunni interessati saranno seguiti da più insegnanti di sostegno con un rapporto minimo di uno a due, secondo le disposizioni dell’articolo 19, comma 11, del decreto-legge n. 98 del 2011. Tale rapporto potrà essere incrementato con un numero maggiore di ore, in caso di segnalata gravità da parte dell’istituzione scolastica”.

Diamo una nostra interpretazione a quanto dettoci.

Il rischio fondato è che quegli alunni vengano allontanati sistematicamente fuori dall’aula per svolgere attività estranee al curricolo o in laboratori ad alta concentrazione di alunni diversamente abili. Se ciò accadesse, si vanificherebbe quel progetto d’integrazione che è alla base di un’efficace didattica speciale. Ma il declino dell’inclusione per gli alunni con disabilità è anche colpa del dimensionamento scolastico, che ha ridotto di un terzo le nostre scuole autonome e costretto a concentrarli nelle stesse strutture; oltre che dell’innalzamento del “tetto” massimo di alunni per classe, introdotto nel 2009 dall’ex ministro Gelmini, in barba alle norme su sicurezza e diritto allo studio, e dell’inadeguata stabilizzazione dei docenti di sostegno che non garantisce continuità didattica.

I parlamentari non hanno fatto menzione dei motivi che hanno portato a questo genere di situazioni, intollerabili per uno Stato che detiene un impianto normativo ed organizzativo per il sostegno agli alunni disabili di primo livello. Prima di tutto si è sorvolato sul fatto che se una scuola è costretta a mantenere quattro alunni con problematiche di apprendimento nella stessa classe è perché non vi sono altri istituti nel territorio. Una situazione che è divenuta la norma, purtroppo, dopo che negli ultimi anni, partendo dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, lo Stato ha accorpato e cancellato un terzo delle scuole autonome esistenti passate da oltre 12mila a poco più di 8mila (2.100 in meno solo negli ultimi 3 anni). Ciò è avvenuto malgrado la Corte Costituzionale, con la sentenza 147/2012, avesse posto forti perplessità e la Conferenza Stato-Regioni non avesse trovato l’accordo sui nuovi “tetti” minimi di alunni, vicini alle mille unità per istituto, proposti dall’amministrazione.

Sempre nello stesso periodo, sono stati elevati i limiti numerici di allievi per classe, che a seguito degli incrementi approvati con il decreto 81/2009, hanno raggiunto quote consistenti: nella scuola d’infanzia si è passati da 28 a 29 alunni per classe, alla primaria da 25 a 28 ed alle superiori si sono concesse deroghe fino alla presenza di 33 alunni. Si tratta di una concentrazione di iscritti elevata che rispetto alle norme vigenti sulla sicurezza sarebbe fuori norma. Come indicato nella risoluzione presentata dal senatore Fabrizio Bocchino e approvata dalla stessa VII Commissione Cultura della Camera, per superare il sovraffollamento delle classi, a norma di legge “in aula non possono essere presenti più di 26 persone, compresi gli insegnanti o l’eventuale ulteriore personale a qualunque titolo presente”.

Nel caso della scuola di Brusciano, è grave l’incuranza per la presenza di tanti alunni disabili nello stesso gruppo di studio. Va ricordato, infatti, che per le classi che accolgono alunni con disabilità, i criteri vigenti, previsti sempre dal decreto presidenziale 81/2009, prevedono che “il numero complessivo dovrebbe essere al massimo di 20, in modo da facilitare i processi di integrazione e d’inclusività”.

Come è possibile quindi che vi siano realtà con ben quattro disabili in una sola classe? La verità è che quegli alunni non hanno scelta. Non essendoci alternative scolastiche nel territorio circostante, non si può negare loro il diritto allo studio. Il ragionamento non farebbe una piega, a patto però che quella classe venga sdoppiata. Invece, ancora una volta le logiche del risparmio prevalgono su quelle formative. E pure sull’handicap. Con evidenti ricadute negative per l’apprendimento di tutto il gruppo classe.

Premesso che per rispettare il rapporto uno (alunno) a due (docenti) previsto dalla legge, a quella classe dovranno essere assegnati almeno due docenti specializzati nel sostegno, l’Anief torna anche a denunciare il fatto che con l’applicazione del piano triennale di assunzioni di docenti di sostegno, previsto dalla Legge Carrozza 128/2013, nell’a.s. 2015/2016 si continuerà ad avere un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Nell’anno scolastico che si è da poco concluso sono stati necessari 110.216 insegnanti di sostegno, di cui poco più della metà di ruolo: 63.348. Entro tre anni, i prof di ruolo saliranno a 90.032.

Peccato che nel frattempo gli alunni disabili certificati siano diventati 222mila.

Così il Governo si è reso protagonista dell’ennesima manovra di assunzioni al ribasso. Procedendo a un numero di stabilizzazioni di docenti che rappresenta il “minimo sindacale”. Ciò comporterà un servizio didattico ancora contrassegnato da un’alta percentuale di docenti di sostegno che rimarranno precari, costretti quasi sempre a cambiare scuola ogni anno, non garantendo quella continuità didattica necessaria all’apprendimento degli alunni disabili.

A questo si aggiunge il fatto che il Ministero dell’Istruzione decide che un prof abilitato per medie e superiori non può insegnare indifferentemente agli allievi che necessitano di didattica “speciale”. Che così gli alunni con handicap rischiano di vedersi assegnati docenti non qualificati.

Nella nota di chiarimento n.2143 sui titoli utili all’inserimento nelle graduatorie d’Istituto il Miur ha tenuto a specificare che la specializzazione conseguita negli ultimi anni per il sostegno “è direttamente correlata al grado di istruzione per la quale è stata conseguita. Pertanto, in caso di abilitazioni verticali a cascata, la specializzazione conseguita con i nuovi corsi abilitanti in base al DM n. 249/10 e la DM 30 settembre 2011 non vale in automatico per tutti i gradi di scuola per cui si è abilitati”.

Traducendo il “burocratese” dell’amministrazione scolastica, ciò significa che un docente di Italiano o di Matematica abilitato all’insegnamento nella scuola media e superiore non conseguirà la specializzazione per il sostegno per entrambi i livelli scolastici. Ma solo per uno di essi.

Si ha sempre più l’impressione che, come già accaduto con la scuola primaria che prima della “mannaia” Tremonti-Gelmini tutto il mondo ci invidiava, stavolta ai piani alti del Miur e della politica italiana si è deciso di fare ‘cassa’ demolendo il settore del sostegno agli alunni disabili. Negli ultimi 10 anni il numero di alunni che necessitano del docente di sostegno sono più che raddoppiati. E per adeguare il numero di insegnanti specializzati alla quantità crescente di alunni serve un incremento dell’organico e non dei paletti sulla specializzazione.

Creare dei ‘paletti’ normativi di cui nessuno sente il bisogno porterà danni occupazionali per i docenti ma soprattutto educativi-didattici ai tanti alunni disabili che hanno il diritto di essere aiutati da personale qualificato.

 

Stefano Cavallini

Presidente Regionale Anief Campania

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