Disservizi, barriere architettoniche e anarchia comportamentale inquinano la quotidianità di un paese ostaggio perenne del qualunquismo spicciolo. Troppo poco amore da parte di chi ha l’onore di rappresentare pubblicamente questa terra nei confronti di un paese vesuviano che non riesce a riscattare immagine e credibilità agli occhi del palinsesto turistico mondiale.
Per troppo tempo si è gridato esclusivamente al successo nella lotta ai clan malavitosi locali, ci si è impantanati nel raccontare la storia criminale e il conseguente pentimento del boss di turno senza investire nella formazione qualitativa dei giovani e soprattutto nel rilancio dell’impresa locale. Impresa sana, al passo con i tempi e capace di creare occupazione “concreta” in città. Troppe le farse che negli anni hanno minato le speranze dei giovani ercolanesi, troppi i clientelismi, gli atteggiamenti dispotici e i campanilismi per credere ancora nella classe politica indigena.
Alle urne contano i voti e i potenti “storici” di Ercolano li avranno sempre, che piaccia o meno all’onesto contribuente ercolanese. Per uscire dalle impietose logiche di un sistema tanto datato quanto bacato che da decenni logora l’humus attivo di Ercolano occorrerebbe investire su giovani esponenti politici avulsi a qualsiasi condizionamento estraneo alla logica del benessere comunitario.
“Crediamo ancora alle favole…”: questo l’amaro commento degli addetti ai lavori in merito alla speranza di poter essere governati da “gente nuova con idee nuove” in grado di risollevare le sorti di una delle comunità più rappresentative dell’hinterland vesuviano.
Alfonso Maria Liguori