Una città di serie B

tifosi juve stabia_Contenuti_Notizie_129496_300_660_3La riammissione della Juve Stabia al campionato di Serie B si sta traducendo, in questi roventi giorni di agosto, nelle manifestazioni più svariate: cortei di tifosi, appelli in televisione, interventi istituzionali, comitati e gruppi Facebook. Insomma, uno schieramento ingente di forze che ha un unico, mirato obiettivo: ridare la categoria cadetta alle gloriose Vespe stabiesi.

Naturalmente, non entro nel merito di una questione assai spinosa – quella dei ripescaggi – per la quale competente sarà la giustizia sportiva, che valuterà requisiti e istanze delle diverse società coinvolte. Mi preme, piuttosto, sottolineare l’insieme dei comportamenti messi in atto dalla società civile stabiese. La prima, anche unica a dire il vero, buona notizia è che a Castellammare esiste una società civile. Ovvero, cittadini che si sentono ancora parte viva di qualcosa e che, pensate un po’, si sentono pure in dovere di combattere per torti e ingiustizie subiti, anche se unicamente legati alla sfera calcistica.

Ed è proprio qui che giungiamo alle note dolenti. Lo spicchio, la fetta di società stabiese che in questi giorni si sta attivando, sforzando, sfiancando per vedere la Juve Stabia nuovamente in Serie B è la stessa – cinica, menefreghista, disinteressata – che a braccia conserte ha ammirato la rovinosa caduta della città in questi decenni.

Non ricordo – anche se la mia anagrafe assai acerba mi potrà tirare di certo un brutto scherzo – eclatanti manifestazioni o reazioni di fronte alla limitazione dell’attività cantieristica, al fallimento delle Terme, ai crolli delle ville di Varano, all’abbandono di un centro storico, quello della Caperrina, rimasto mutilato dall’ormai lontanissimo sisma del 1980. Potrei proseguire e credetemi l’elenco è assolutamente impietoso. Per strada questi giorni, e sugli stessi social, ho visto impegnarsi tanti giovani, tante forze nuove che dovrebbero assicurare a Castellammare un ricambio generazionale oltre che culturale e politico. Eppure, quando si tratta della propria città lo stabiese si trasforma, diventando, come un qualsiasi italiano medio, superficiale, insofferente alla cosa pubblica e soprattutto qualunquista. A questo io aggiungerei pure contraddittorio, dal momento in cui non ha alcun senso difendere la propria squadra, perché rappresentante della propria terra, e poi per la stessa terra d’origine non fare niente e non provare nemmeno ad indignarsi se Castellammare è una città ormai medievale, scollegata, brutta, mal funzionante e priva di una guida politica lungimirante.

Una società civile strana, quella stabiese. Narcotizzata per dieci mesi all’anno e poi improvvisamente desta perché qualcuno, dall’alto dei vertici calcistici, sta negando il diritto di giocare un campionato di calcio. Ma i diritti della città dove sono? Il diritto ad avere uno spazio vivibile, curato, esteticamente bello? Non ha questo diritto lo stesso peso specifico della Juve Stabia? Oppure è facile lavarsi le mani pensando che tanto le sorti della città sono affare solo della politica? Già la politica, quella sporca e cattiva, quella che non fa nulla ma che offre allo stabiese medio il migliore degli alibi: il non fare nulla a sua volta, il non combattere per nulla.

Io non so in che modo andrà a finire questa faccenda dei ripescaggi. Ma a prescindere dal verdetto della giustizia sportiva, Castellammare è città di serie B, declassata, prigioniera di una periferia sventrata e squallida. Una città figlia di un Dio minore, dimenticata prima che dalla politica dai suoi stessi – e cosidetti – cittadini.

Angelo Mascolo  

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