Il Gazzettino vesuviano | IGV

Malacqua o totale mancanza di progetti?

sarno fiume

Mi sono sempre chiesto dove vada a finire l’acqua piovana o se preferite la malacqua, per utilizzare un termine più vicino alle nostre realtà. Si sa. Le piogge autunnali, abbondanti e rovinose, hanno da sempre creato e creano disagi e allagamenti. Eppure, fin da bambino mi ha incuriosito sapere quest’acqua in eccesso che fine faceva. Tutte le acque finiscono in mare, mi si diceva. Ma se tutte le acque finiscono in mare, pure quelle indesiderate, perché allora basta un’ondata di maltempo per mettere in ginocchio strade e collegamenti? Ad esempio, l’ennesima esondazione del fiume Sarno abbattutasi con violenza nel tratto finale di via Ripuaria – lo scorso 1 settembre – è la dimostrazione, ennesima, che non tutte le acque finiscono in mare. Già. Perché ce ne sono di alcune – liquami e scarichi – che proprio non vogliono saperne: acque che hanno bisogno di essere mondate, riciclate, smaltite in un certo senso.

La favola dell’acqua che scorre in mare si è trasformata ben presto in qualcosa di diverso da una semplice favola per bambini: è diventata, ahinoi, la “soluzione” con la qual le Istituzioni preposte e varie Amministrazioni comunali hanno approntato per risolvere il problema dello smaltimento delle acque, piovane e non. Infatti il problema del Sarno non è l’esondazione più o meno ciclica del fiume, fenomeno del resto naturale quanto un’eruzione vulcanica, ma i sistemi di canalizzazione e trattamento delle acque. Sotto questo punto di vista, c’è poco da stare allegri. In tutto l’Agro Nocerino-Sarnese manca un sistema centralizzato di fognature, canali di scolo, depuratori efficienti e caditoie; insomma un inadeguato sviluppo di un’ingegneria idraulica che risolva definitivamente una situazione diventata ormai critica ed insostenibile. Quello che auspichiamo non è il solito augurio che quanto successo lo scorso lunedì non accada più.

Ma rivolgiamo un’esortazione ai nostri Amministratori a fare presto prima che il Sarno diventi, anzi ridiventi protagonista, dopo l’alluvione del 1998, di una nuova catastrofe ambientale. Crediamo che serva, più delle improbabili foci o dei milioni di euro bruciati per la cementificazione del Sarno, un Protocollo d’Intesa tra Comuni, Regione e Provincia al fine di garantire la tutela ambientale e dello stesso bacino idrografico del fiume.

Angelo Mascolo

Exit mobile version