Qualche mese fa è passato inosservato, salvo per pochi addetti ai lavori, un dato estremamente allarmante per gli stabiesi. L’Aitec, associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento, ha creato un Indicatore Sintetico di rischio idrogeosismico che combina i dati storici relativi al dissesto idrogeologico (frane e piene) con quelli relativi alla pericolosità sismica. Ebbene, da questo studio, pubblicato a fine giugno scorso, emerge che il comune più a rischio d’Italia è Castellammare di Stabia, mentre al 2° posto c’è Reggio Calabria. E’ incredibile come non sia stato dato il giusto risalto mediatico e sociale ad una notizia del genere. In realtà non c’era bisogno di uno studio così articolato per immaginare che su Stabia pende da sempre la spada di Damocle di frane e smottamenti. Sono i dati storici a parlare: la zona (in particolare centro storico, Pozzano, Panoramica) è stata interessata da allagamenti e smottamenti a cadenza annuale sin dal 1700. Invero non dovevamo attendere l’Aitec per giungere a tali conclusioni anche perché da tempo sono numerosi gli allarmi lanciati da geologi ed esperti locali.
«Castellammare di Stabia è attraversata da numerosi torrenti (Rivo San Marco, Rivo Calcarella, Rivo San Pietro, Rivo Cognuolo, Rivo Fratte, Rivo Foiano e Rivo Scurolillo), che scendono dai Monti Lattari e sfociano lungo il litorale stabiese. Le caratteristiche geomorfologiche di questi torrenti li predispone, allorquando si verifichi un temporale particolarmente intenso ad un elevato deflusso superficiale delle acque. Quanto detto, evidenzia la “rapidità” dei potenziali eventi alluvionali, incidendo notevolmente sulle condizioni di rischio dell’area urbana sottesa a questi torrenti. Come se non bastasse, le modificazioni indotte sui bacini idrografici dalla continua urbanizzazione e i recenti incendi dell’estate 2012, che hanno mandato in fumo 15 ettari di bosco, hanno condizionato le caratteristiche idrologiche naturali dei corsi d’acqua.
I rivi hanno provocato nel passato come nel presente danni e disagi alla popolazione, causati solo in parte dal naturale rapporto di causa-effetto tra una pioggia intensa e l’aumento del deflusso superficiale negli alvei dei torrenti. Una grossa fetta delle responsabilità è da ricercare nelle numerose restrizioni delle sezioni fluviali, e nell’insufficiente e scadente manutenzione degli alvei.» ha dichiarato solo qualche tempo fa il geologo stabiese Giuseppe Porzio. Dunque la maestà del Faito è stata offesa negli anni da abusivismo, incendi dolosi e dall’assenza di manutenzione e pulizia.« Pochi giorni fa ho provveduto a contattare formalmente l’Arcadis (Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo) invitandoli ad effettuare un sopralluogo a Castellammare. L’obiettivo dei prossimi giorni è quello di provvedere alla pulizia straordinaria delle vasche di contenimento a monte e della pulizia del sottobosco.» a parlare è l’assessore all’urbanistica Arch. Alessio D’Auria. In ballo ci sono ben dieci milioni di euro per la sistemazione idrogeologica degli alvei torrentizi sui versanti di Monte Faito incombenti sulla via Panoramica Sorrentina, stanziati nel 2012 da un progetto proposto dall’Autorità di Bacino Regionale e approvati dal Cipe, di cui il comune di Castellammare è stato nominato quale Ente preposto alla progettazione. «Nel febbraio scorso abbiamo avviato la fase della progettazione e delle consulenze specialistiche, la notizia è che entro la fine di quest’anno il progetto andrà in gara», spiega l’assessore D’Auria. L’impressione è quella che forse si sta scherzando troppo con il fuoco. Ammesso che l’assessore riuscisse a far pulire vasche, caditoie e sottobosco; ammesso che il progetto milionario summenzionato fosse avviato presto: la questione è talmente importante ed urgente che necessita della consapevolezza e della collaborazione di tutti, dai media locali alle associazioni, sino, ovviamente, agli altri enti preposti.
Carmine Iovine