Generalmente tratto le notizie fluorescenti della settimana. Quelle che rimbalzano dal web al cartaceo alla tv. A tal non proposito, è tornata Barbara D’Urso. Non so voi ma io mi sono provvista di “vurzella”. Per ogni delucidazione, contattate Gennaro D’Auria.
Le notizie frivole della settimana? La Canalis si è sposata in una Sardegna blindata. Non tanto, pare. Ahiò!
Miss Italia è passata a La7, Geronimo Stilton è passato sul capo di Sandro Mayer. E c’è restato.
La Apple ha sganciato un nuovo Iphone e gli italiani stanno per sganciare 729 €. Prezzo base. Col cambio shimano, l’ABS e gli airbag supera le 1000 botte.
Latorre è in Italia. La figlia ha lasciato il commento infelice su Twitter ma ha aggiunto “Se partecipo al Grande Fratello vi vorrò tanto bene per sempre, mexxe, schxxxsi, beep beep”.
Per queste news leggiadre, tipiche di un’Italia che sta là e non si muove, ci sono attentati alla conservazione. Addirittura due sentenze stanno togliendo al Paese del vecchiume. Non a noi ché siamo fedeli alla ruga.
“Il primo matrimonio gay riconosciuto in Italia”. È il tribunale di Grosseto a ordinare la trascrizione nei registri comunali dell’unione con rito civile, svoltasi a New York tra due uomini. Il giudice Paolo Cesare ha così argomentato la sua decisione: “perché nel codice civile non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie al matrimonio”. Anche se a me sovvengono un paio di espliciti riferimenti a moglie-marito. Inoltre “la trascrizione non ha natura costitutiva, ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé”. Inutile dire che la Conferenza Episcopale s’è risentita. Una pericolosa fuga in avanti di carattere fortemente ideologico. Della serie, ricordate che bigotti siete e bigotti vogliamo restiate. Potremmo fare come ha, da ultimo, fatto la Fvance. Un po’ di azioni che sembrano socialmente scorrette renderebbero le unioni alla “questo matrimonio non s’adda fare” a manna dal cielo.
La celebrazione, con annesso riconoscimento, di unioni gay ha fruttato alla Francia somme importanti. Perché fare in modo che i nostri gay portino i loro soldini altrove? Che ognuno si tenga i propri gay, insomma. Così deve aver pensato Hollande. Mogli, gay e buoi dei paesi tuoi!
“L’ho pagato e lo porto a casa”. È questa la sentenza simpatica della Cassazione che ha ritenuto legittima la richiesta del cliente di un ristorante alla “doggy bag”. E quella che sembrava pratica diffusa solo qui, in Sudonia, ha messo le radici in tutta la penisola. Noi, fantasiosi, abbiamo sempre fatto ricorso al “nunn’ è pe’ mme, è pe’ criature”, riservando ai cani solo la richiesta al ristorante delle ossa. In effetti, il cliente richiederebbe un proprio pasto, pagato e non consumato. Dovremmo smetterla di strattonarci al tavolo se vediamo vaschette in alluminio volanti e fumanti. Lo stesso varrà per le colazioni a buffet, rientreranno in camera, assieme agli ospiti dell’albergo, anche panini, insaccati, monoporzioni di burro e marmellate, etc etc. La sentenza dichiara: colpevoli di goduria estrema.
Anna Di Nola