É trascorsa una settimana dagli incresciosi fatti che hanno preceduto la prima della “Boheme”, il capolavoro di Puccini che ha segnato il ritorno della Grande Lirica all’interno degli Scavi di Pompei. I fatti in oggetto, come di certo saprete, riguardano ben quattrocento persone – tra giovani, studenti e anziani – ai quali è stata negata la possibilità di assistere allo spettacolo, causa richiesta eccessiva di accrediti da parte delle autorità.
Non intendiamo ritornare sulla questione, peraltro già ampiamente trattata nei giorni scorsi, quanto invece sulla mancata – e colpevole – reazione da parte del mondo politico, culturale e della stessa Soprintendenza. In questi giorni infatti le uniche cose che abbiamo visto, letto e ascoltato sono state di formale plauso all’iniziativa, di congratulazione per la direzione orchestrale, per gli interpreti, i musicisti e compagnia cantando. Nessuna parola, nessun commento, nessuna riflessione sui quattrocento poveri Cristi rimasti oltre i cancelli. Nessuna dichiarazione o, figuriamoci, una qualche forma di patrocinio per quelle persone alle quali era stato garantito un posto tra le gradinate del Teatro Grande.
Ad irritare, a indignare, non è solo la latitanza dei vertici istituzionali, cosa a cui peraltro siamo abituati, quanto il fatto che nessuno sappia niente: la Soprintendenza, prontamente attivatasi con un comunicato stampa il giorno seguente, dice di non aver avuto il controllo della cosa, – come se lo spettacolo avesse avuto luogo altrove! – la società responsabile dei biglietti che non si sente in dovere di dare alcuna spiegazione intorno all’accaduto e infine la politica stessa che si è impegnata a far sfumare l’ennesimo sopruso della “casta” in morbide dichiarazioni mondane. Ed è in questo disinteresse, in questa mollezza indecente che si annida l’aspetto più grave della faccenda “accrediti”: la convinzione da parte dell’ambiente politico-istituzionale, a tutti i suoi livelli, che episodi come quelli della settimana scorsa siano normali in un certo senso, quasi degli atti dovuti.
Tuttavia le “Istituzioni” ignorano due aspetti fondamentali: il primo è quello dello Stato di Diritto, l’uguaglianza davanti alla legge, la parità di diritti e di doveri. In funzione di ciò, se a un cittadino viene negato un diritto, si viola la prima base della condivisione sociale innescando una pericolosissima spirale di rabbia, che porta unicamente alla delegittimazione e al collasso del sistema democratico; il secondo riguarda proprio i quattrocento poveri Cristi, di cui nessuno si è occupato. Presi da soli, sono un manipolo insignificante. Ma se quei quattrocento si coalizzano, prendono consapevolezza dei propri mezzi, possono rappresentare una forza di cambiamento.
Quindi, è bene non tirare troppo la corda. Soprattutto perché, e la storia lo insegna, le rivoluzioni che hanno maggiormente lasciato il segno sono venute fuori senza alcun preavviso spazzando via privilegi, soprusi e regalie.
Angelo Mascolo