Emergenza scuola a Napoli : implosione strutturale o attentato programmato alle pubbliche istituzioni? Un dilemma che divide e sconcerta l’opinione pubblica partenopea avvilita da disagi scolastici senza precedenti. Nel baratro assoluto le superiori : ormai avere la fortuna di iniziare il corso di studi con insegnanti di ruolo è utopia per non parlare delle liste di libri presenti sui siti dei vari istituti sistematicamente errate o parzialmente incomplete. Risultato la zelante famiglia che , come legge prevede, acquista i testi scolastici riportati telematicamente dalla scuola si ritrova puntualmente a doverli sostituire ( a prezzo di notevoli spostamenti nella città e di file estenuanti) per la negligenza e , in alcuni casi, la mala fede di chi dovrebbe vigilare e non lo fa. Il dato più sconcertante è dettato dalla pubblicità spudorata che alcuni insegnanti ( per lo più supplenti) farebbero ad istituti superiori privati situati nel territorio partenopeo o nell’hinterland vesuviano. “ In verità i miei figli li indirizzerei verso strutture più adeguate alle esigenze scolastiche moderne e dall’ambiente sociale selezionato” : questo lo slogan con il quale si accolgono alunni nella scuola pubblica provenienti da famiglie apparentemente agiate, questo l’esplicito invito a snobbare l’istituzione scolastica statale per rifugiarsi nel privato.
Niente di più falso, premeditato e disonesto di tale cattivo messaggio : intervengano le istituzioni competenti e lo facciano nel rispetto del diritto all’istruzione che forse qualche pezzo da novanta della politica e dell’imprenditoria che “conta” vorrebbe ad appannaggio di pochi eletti. Napoli, patria della cultura accademica e sede di prestigiosi atenei universitari, non può e non deve passivamente sottostare a tale miserabile imposizione. Ecco perché facciamo nostra una rivendicazione mossa da onesti contribuenti determinati a tutelare il diritto all’istruzione pubblica dei propri figli in nome di una democrazia che ultimamente sembra sempre più distante dalle reali dinamiche politiche nostrane.
Alfonso Maria Liguori