Il Gazzettino vesuviano | IGV

“Il Teatro Grande non è uno scempio”. Parola di Osanna

massimo osanna

La poltrona della Soprintendenza Archeologica di Pompei sulla quale siede dal marzo scorso Massimo Osanna, ex professore di Archeologia Classica all’Università della Basilicata, non è certo una delle più comode in questo preciso momento storico. Le sciagurate gestioni del passato, i disguidi e le inefficienze che ruotano intorno al sito archeologico più bello e dannato del mondo rendono il compito del nuovo Soprintendente decisamente complicato. Ma Osanna, originario di Venosa come il poeta latino Orazio, sembra non preoccuparsene più di tanto, concentrato unicamente sulla sempre più imminente scadenza – fine 2015 – dei fondi europei destinati al Grande Progetto Pompei e al tempo stesso deciso a risolvere la “grana” gestionale piovutagli come un lapillo dal vicino sito di Stabia in seguito allo scandalo dei set fotografici all’interno delle Ville di Varano.

Soprintendente Osanna i primi mesi della sua gestione sono stati caratterizzati da molti fatti importanti: su tutti il ritorno della grande lirica al Teatro Grande e l’esposizione del “Fanciullo con l’oca” all’interno della villa di Oplontis; tuttavia non sono mancate in questo periodo le polemiche legate ai disguidi seguiti alla prima della “Bohème” e agli episodi di furti all’interno dell’area archeologica di Pompei. Ci può dire qual è ad oggi lo stato di salute del sito?

Riguardo la disorganizzazione legata alla prima della “Bohème”, l’evento non facevo capo per gli aspetti organizzativi alla Soprintendenza. Tuttavia dal prossimo anno la nostra intenzione sarà quella di vagliare maggiormente l’organizzazione. In merito ai furti e ad altre criticità, mi preme segnalare la mancanza da parte dei media di una “vera” informazione. Mi riferisco soprattutto ai presunti scandali sessuali all’interno degli Scavi, verificatisi in realtà all’esterno. Per converso, stiamo disponendo un nuovo sistema di videosorveglianza e potenziando la recinzione allo scopo di limare quanto più possibile le falle in materia di sicurezza. Vorremmo essere giudicati alla fine del 2015, quando i fondi legati al Grande Progetto Pompei saranno stati spesi e non prima possibilmente.

I lavori di ristrutturazione che nel 2010 hanno interessato Teatro Grande, seguiti da un’inchiesta della magistratura che ha visto coinvolti l’ex commissario della Protezione Civile Marcello Fiori e diverse altre persone, hanno attirato numerose critiche, in maniera particolare per quel che riguarda l’uso massiccio del tufo in luogo del marmo. Secondo lei i lavori hanno rispettato l’assetto originario della struttura?

Per quanto riguarda i lavori eseguiti, riporto il giudizio dell’architetto tedesco Dieter Mertens che vanta, tra le varie referenze, la direzione dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma. L’architetto ha segnalato che i restauri del 2010 non hanno intaccato minimamente le strutture antiche, soprattutto dal punto delle stratigrafie archeologiche. Anzi, il restauro ha migliorato alcune criticità che risalivano all’epoca della Soprintendenza di Amedeo Maiuri, anni durante i quali erano stati inseriti, per il tavolato ligneo della cavea, dei ferri per rendere fruibile il Teatro. Con questa nuova sistemazione, invece, i ferri sono stati inglobati risolvendo il problema sicurezza. In merito all’utilizzo del tufo, esso è legato a una precisa strategia di restauro finalizzata a rimarcare il più possibile le strutture in marmo rimanenti, per la precisione quelle della prima fila.

Quindi, il volto assunto da Teatro Grande alla luce dell’ultimo restauro la soddisfa Soprintendente?

Non mi dispiace e soprattutto non lo trovo uno scandalo.

Lo scandalo set fotografici all’interno delle Ville di Varano, segnalato dal nostro giornale, ha posto nuovamente l’accento sulla gestione dell’antico sito di Stabia, una gestione che dal 2006, per effetto di un contratto di sponsorizzazione, è stata affidata alla fondazione italo-americana Ras. Allo stato attuale qual è la posizione della Soprintendenza di Pompei nei riguardi della Fondazione?

Il mio punto di vista, che coincide d’altronde con quello del ministero, è quello di verificare l’efficacia degli interventi Ras a Stabia, fermo restando che resto aperto a qualsiasi tipo di rapporto con il privato. Un esempio su tutti è il sito di Ercolano, dove l’incontro pubblico-privato ha prodotto una proficua collaborazione. Per Stabia, invece, attendo ancora di capire qual è la situazione per poi prendere delle decisioni in merito, partendo dal presupposto che ogni iniziativa deve necessariamente svolgersi sotto il coordinamento di questa Soprintendenza. Per entrare più nello specifico, mi ha lasciato molto perplesso, nel corso della mia prima visita alle Ville di Varano, che strutture di ricezione turistica come il Visitor Center risultino ancora incomplete. Quest’aspetto, unitamente ad altri di natura tecnica, mi porta a ritenere che gli interventi di Ras a Stabia siano stati del tutto inefficaci.

Alla luce di quest’ultima considerazione esistono, secondo lei, i presupposti affinché i rapporti Soprintendenza-Ras possano continuare?

Qualora non dovessero arrivare, nei prossimi incontri che avrò con i rappresentanti della Fondazione, garanzie concrete per la salvaguardia e la valorizzazione dell’antico sito di Stabia, riterrò mio dovere di dirigente di questa Soprintendenza rescindere qualsiasi tipo di vincolo con Ras.

Uno dei problemi pertinenti la fruizione delle Ville è quello relativo alla mancanza di un’adeguata segnaletica. Una questione che lei ritiene di pertinenza del solo Comune di Castellammare di Stabia o invece legata alla necessità di un’intesa più proficua tra tutte le Istituzioni coinvolte nella tutela e valorizzazione dell’antico sito di Stabia?

Da quando mi sono insediato, ho aperto un tavolo di confronto con tutte le Istituzioni. La questione non è di nostra pertinenza. Possiamo segnalare all’Ente Comunale le criticità, ma non sostituirci alle sue prerogative, così come non possiamo risolvere il problema di accesso alle Ville, che ad oggi è segnato dal degrado e dagli scempi urbanistici che caratterizzano l’area archeologica.

Angelo Mascolo

Exit mobile version