Seduta su un autobus. Con i sedili vecchi. E sporchi.
Che la SITA non trova pace. Con gli scioperi. I dipendenti non pagati. E i condizionatori rotti.
Direzione matrimonio. In costiera. C’ho con me regali. Una Ferrari Maximum brut. Scheda tecnica: A tutto pasto. A tutto tondo. Tanti fiori. E un bigliettino d’ auguri. Che scrivo. E un po’ per l emozione mi tremano le mani.
Scarpe con pietre e tacchi. E vestiti eleganti. Tanti. Che sembro un bazar. Un suk marocchino. Un mercatino ambulante.
Io e le cose ci muoviamo. Oscilliamo. E ci urtiamo. Tra le curve. I doppi tornanti e le coppie di turisti. Freschi di Germania.
E ci sono pure i russi. Quelli li riconosco dai berretti. Dalla mandibola. E dall’odore di vodka. Assoluta. Ma non mi fanno antipatia. Ci compravano le ville e gli immobili di lusso. In Campania. Ischia. Capri. Fino alla costiera sorrentina. Facevano girare l economia. Oltre i coglioni.
Poi sono arrivati gli americani.
Come in guerra. E con l embargo ci stanno riuscendo a tagliarli fuori. A togliergli la cassa. Il risparmio. E ci stanno di nuovo fregando. Alla faccia di Berlusconi. Putin. Il gas. E Renzi che oggi a casa D ‘Urso ha portato gli 80 euro per le neo mamme.
E a Canale cinque fanno selfie.
Come le adolescenti. Dei Parioli. Con le bocche a “culo di gallina”.
Come quello – subito penso – che a breve ci faranno di nuovo i tedeschi. Nei consessi internazionali.
Ed io ce li ho là. Tutti intorno. Con qualche altro turista giapponese. Coi calzini Louis Vuitton.
Ce li ho tutti intorno. E a portata di mano.
Quasi quasi vado a letto col nemico. Faccio la spia. Lavoro al Tesoro. E potrei vivere da signora nel Mitte. O a Friedrichstrasse.
E li guardo. Belli. Per essere belli.
Facce belle. Facce di festa.
Facce diverse.
Gli guardo gli occhi. Che hanno un ricordo. Un passato. Troppo impresso nella coscienza del mondo. Che non potrà mai più essere lontano.
Eppure così ciechi di futuro.
Almeno del nostro.
Che mi sembrano davvero Saturno contro.
Occhi di tedeschi. Degli stessi tedeschi che ci mettono in ginocchio. Sui ceci. Che un giorno sì e pure l altro ci bacchettano le mani. Perché sforiamo Maastricht e i suoi parametri.
Perché rallentiamo la corsa d’ Europa. Perché con la Grecia, la Spagna e il Portogallo siamo l anello debole. E il Mediterraneo.
Che ci volevano rubare già nella seconda guerra mondiale.
E ancora non hanno.
Loro qui in Italia. Ad Amalfi. Nella Repubblica marinara ci vengono a fare l’ amore. A guidare vecchi diesel. A indossare occhiali da sole. Cappelli. E a mischiarsi con la gente di Costiera.
L’ autista fischia “Tu si na cosa grande”. Mentre io inciampo di continuo sui bagagli a mano e sui pacchi. C’ho l ansia. Quasi mi dovessi sposare io.
E guida le curve della sera. Di case illuminate. Di piccoli borghi. Archi. Gradini. Balconi ancora fioriti. Madonnine. E piastrelle votive. Aggrappate alle coste.
In un arancione tramonto. Che è di una bellezza cattiva. Quasi strafottente.
Piena di passione. Che gli Dei escono dal mare. A cercare il Paradiso.
E pure i tedeschi incominciare a pensare. Che hanno peccato. Originale. E che Dio forse per castigo li aveva cacciati. Ed ora ci vogliono tornare.
E incominciano a pensare sud. Come giriamo la curva di Cetara.
A pensare Mediterraneo. E che non esiste soluzione, arcipelago o Europa. Senza un pensiero di unicità e molteplicità. Universale.
E dimenticano il debito pubblico italiano. E si toccano le labbra di baci.
Davanti al bianco saraceno. Dei campanili. E degli orologi fermi. E ai minuscoli fazzoletti dove le viti si sdraiano sulla pietra. Calda di sole e vento di mare.
Ne avvertiamo nelle narici le note aspre e morbide, mentre la corsa rumorosa di clacson sta per terminare.
Una faccia tagliata di rughe e sale si alza. Raccoglie buste e sacchi. E girandosi verso tutti quei tedeschi : <<Amalfi finish. Stop!>>
Quasi volesse dire ” voi qui con la Merkel non ci mettete piede”
Mi viene da ridere. E pure il dubbio che forse pure loro alla Cancelliera, la BCE e il Bundestang preferiscono Sant’Andrea. Il limocello. E le leggende dei miracoli dei pescatori.
Si è fatto tardi. Penso. Mi aspettano la futura sposa. I confetti. Il pesto alla colatura di alici dello chef Giannino. Che all’hotel Luna ne ha fatto di storia e piatti.
Però domani c ho da raggiungere la Fontana “Capa ‘ e ciuccio” .
Prima si facevano abbeverare gli asini là.
Ci porterei per mano le volpi. I gatti. E i Pinocchi. Mi limitero’, però, a lanciarci solo 5 centesimi di Euro. Chiudendo forte gli occhi. Pensando ad un’Italia senza ladri.
Libera da padroni.
Senza Francoforte.
Ornella Scannapieco