“Il Bello o il Vero, la scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento” è il titolo dell’esclusiva mostra promossa per la prima volta in Italia con oltre 260 opere in marmo, gesso o terrecotte nello scenografico e monumentale Complesso di San Domenico Maggiore, nell’ambito del Forum Universale delle Culture di Napoli e della Campania.
La mostra coniuga arte e nuove tecnologie con opere recuperate in depositi comunali, dislocate in musei fuori dai circuiti di visita ordinaria o presso collezioni private, migrate a volte da una raccolta all’altra. I criteri della scelta delle sculture son stati essenzialmente due: il rigore scientifico e il recupero del patrimonio nascosto.
Per primo, sono state individuate le opere che esprimono il significato delle novità della scultura del periodo, secondo il filo conduttore della intera mostra, e quelle che meglio rappresentano le varie fasi del percorso di ciascun artista, scegliendo in funzione della loro presenza in mostre storiche, o perché hanno fatto discutere la critica, o ancora in quanto capisaldi della loro poetica, o infine perché hanno contraddistinto i mutamenti o le svolte nel percorso di ciascuno. Opere dimenticate o nascoste, opere inedite o con attribuzioni riconsiderate. Alcuni artisti poco presenti nelle compilazioni generali, ma non per questo meno interessanti, sono addirittura documentati per la prima volta. E stato possibile recuperare opere delle due più importanti mostre del secondo Ottocento: quelle che fecero scandalo alla Mostra Nazionale di Napoli del 1877 e alla Mostra Nazionale di Torino del 1880. Il Bello o il Vero, un processo che ammetteva nella forma scultoria, da sempre appannaggio esclusivo del bello, il reale in tutte le sue declinazioni.
Il secondo criterio seguito nella scelta delle sculture è stato dettato dall’esigenza di valorizzazione del patrimonio nascosto: sono state prelevate dai depositi museali opere che non ne avevano mai varcato la soglia, per i sempreverdi problemi di mancanza di spazio. Per loccasione sono state sottoposte a interventi di restauro o di semplice pulitura. Opere che, una volta recuperate ha dichiarato Nino Daniele, lassessore alla cultura del comune di Napoli – vorremmo vederle collocate definitivamente in sale espositive e non più in depositi affollati.
La rassegna nasce dall’esigenza critica di riportare alla luce quel paesaggio artistico che andò formandosi tra secondo Ottocento e primo Novecento – ha spiegato Isabella Valente, curatrice della mostra le cui tracce sono rimaste sepolte troppo a lungo, a margine della storiografia e tralasciate dalle occasioni espositive.
Il Bello o il Vero rappresenta una straordinaria occasione ha detto Fabrizio Vona, soprintendente per il polo museale – per poter ammirare, nella stessa sede, numerosi esemplari della scultura napoletana dellOttocento. Una mostra che ha presentato numerose difficoltà tecniche, soprattutto nel trasferimento delle opere per le grandi dimensioni o per una materia molto fragile.
Con l’ausilio di supporti tecnici, sviluppati da Databenc , il visitatore può muoversi attraverso le nove sezioni, negli splendidi locali del Convento di San Domenico Maggiore, tornati al loro antico splendore e riconsegnati alla città, in un itinerario dinamico, viaggiare nel tempo e nello spazio, tra i capolavori dei più importanti artisti fin de siècle (da Vincenzo Gemito ad Achille dOrsi, da Giovan Battista Amendola a Raffaele Belliazzi, da Franceso e Vincenzo Jerace a Costantino Barbella, da Filippo Cifariello a Giuseppe Renda) e ricostruzioni in 3D.
In preparazione un catalogo sulla mostra in due volumi e a breve godibile anche su Internet.