Pompei, il campo sportivo “Bellucci” e lo scavo dimenticato

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Nel settimo libro della biografia dedicata a Tito, lo storico romano Svetonio ci informa che a seguito dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. l’imperatore inviò a Pompei una commissione d’inchiesta composta da due magistrati, i curatores restituendae Campaniae, al fine di portare aiuto alla popolazione superstite e conseguentemente avviare un’opera di ricostruzione della città. Tuttavia, dalla cenere e dai lapilli che avevano coperto Pompei emergevano solo la sommità di alcune colonne del Foro e la parte più alta di alcuni edifici, condizioni che indussero il potere centrale a desistere da qualsiasi tipo di intervento. Fu così che Pompei imboccò il lungo tunnel dell’oblio dal quale sarebbe uscita solo con gli scavi borbonici del ‘700. Nel frattempo, sul luogo dove era sorta la città era cresciuta una fitta vegetazione e nata una comunità significativamente chiamata Civita.

Quella che vogliamo raccontare è una storia che trova poco spazio sui libri; una storia dimenticata, che giace sugli scaffali impolverati della Soprintendenza; una storia insospettabile intrecciata a luogo altrettanto insospettabile: il campo sportivo “Bellucci” di via Lepanto.
In età romana questa zona di Pompei costituiva il luogo di passaggio della via Consularis, l’importantissima arteria viaria che collegava l’entroterra nocerino al centro di Neapolis, passando per le odierne Pompei e Scafati. Di recente, molti ritrovamenti – su tutti quelli in località Tre Ponti a Scafati – hanno permesso di conoscere ancora meglio il tracciato di questa strada, sul quale affacciavano oltre ad importanti ville rustiche anche monumenti funerari di rilievo. La strada che oggi attraversa il campo sportivo “Bellucci” è poco più di una bretella, un collegamento rapido con il vicino Santuario mariano. Quello che nessuno si aspetta però è che proprio intorno all’area del campo sportivo si era formato, qualche secolo dopo la rovinosa eruzione del 79 d.C., un vero e proprio agglomerato. Infatti, nel corso di scavi condotti nel 1991 dal prof. Ernesto De Carolis al di sotto delle strutture del campo sportivo, vennero alla luce materiali e strutture datati tra il III-IV sec. d.C.
A seguito di quella sensazionale scoperta venne deciso di apporre un vincolo all’area, allo scopo di preservare le preziose testimonianze archeologiche rinvenute.

Tuttavia, i lavori di restyling dell’impianto hanno sollevato non poche polemiche in merito non solo alle presunte modifiche del vincolo archeologico, posto a suo tempo dalla relazione del prof. De Carolis, ma anche nel merito di una destinazione d’uso diversa della zona, in considerazione della sua straordinaria potenzialità archeologica. E’ quanto ribadito dal consigliere di opposizione Bartolo Martire che ha invitato l’attuale Amministrazione pompeiana, in sinergia con la Soprintendenza, a pensare a un piano di sviluppo diverso per il “Bellucci”, allo scopo di avviare una proficua campagna di scavo che arricchisca e tuteli l’area archeologica.
I reperti rinvenuti al “Bellucci” ci parlano di una storia diversa da quella che di solito siamo abituati a pensare per Pompei, ovvero di un centro che, seppur a fatica, seppe riprendersi dal cataclisma del 79 d.C. Non si può escludere la pertinenza di queste strutture con la Civita di cui parlavamo in precedenza, probabilmente legate alla presenza di un luogo di culto cristiano, secondo un modello non dissimile da quello che si può osservare per altri centri campani dello stesso periodo. Gli esempi che si possono fare sono quelli di Cimitile, con la basilica paolina che andò a sovrapporsi all’antico centro romano di Nola, di Sorrento con la Cattedrale di Sant’Antonino o della vicina Castellammare di Stabia che vide sorgere luoghi di culto cristiani proprio nell’area che in seguito avrebbe ospitato il duomo cittadino di San Catello.
Le indagini del prof. De Carolis, per lo più dimenticate o note a pochi addetti ai lavori, ci parlano di una Pompei rinata in un agglomerato nuovo e diversificato, seppur di dimensioni ridotte rispetto a quello di epoca romana. A dir poco stimolante è pensare che sotto le strutture del moderno impianto del “Bellucci” esista una fetta di passato che ancora sfugge alla nostra comprensione, un passato inevitabilmente intrecciato agli albori di quel cristianesimo che proprio a Pompei ha trovato una sua espressione postuma nel monumentale Santuario.
Nelle settimane che hanno visto il campo sportivo “Bellucci” finire nel ginepraio delle polemiche politiche, ci è sembrato opportuno ricordare alle Istituzioni e soprattutto ai cittadini Pompeiani che il passato non è una scatola chiusa – come qualcuno vorrebbe farci pensare – ma un corpo da tenere vivo attraverso l’instancabile esercizio della memoria.

Angelo Mascolo

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