Il Gazzettino vesuviano | IGV

“Barbie Vesuviana”: omaggio malinconico alle famiglie “sfrattate” del nostro tempo

10421379_293323527543317_4676522269699261978_nUn lungo, accorato applauso ha scandito l’ultima rappresentazione di “Barbie Vesuviana”, la pièce teatrale ideata, interpretata e diretta dall’autore stabiese Luca Nasuto. Un successo notevole, inquadrato in una kermesse di rilievo quale lo Stabia Teatro Festival, e testimoniato parimenti dalle centinaia di persone che hanno affollato nel trascorso week end la Sala “Ciro Madonna” del Teatro CAT di Castellammare. Barbie Vesuviana è una commedia trasgressiva, lo spaccato di una famiglia napoletana che mette in scena non tanto i contrasti, gli estremi di un nucleo familiare, ma le sue nuances, le migliaia di sfumature pieghevoli nelle quali è possibile vedere e riconoscere le famiglie del nostro tempo, disarticolate, frammentate, mai unitarie.

Il tutto condito da un spirito circense, istrionico, da un gioco di luci fatto di continue montagne russe, di passaggi arditi: dal nero del fondo teatrale al bianco barocco dell’altare dedicato a San Sebastiano e nel mezzo vestaglie variopinte, maschere e ricordi dello Zio Vanni, ultimo baluardo, simbolo dimenticato di un teatro d’altri tempi. In questo saliscendi di emozioni, sulle onde di sentimenti contrastanti a rimanere è la casa, il tempio familiare, una sorta di porto sicuro all’interno della quale ci si sente al tempo stesso ospiti e disadattati.

La casa, il cuore dell’istituzione familiare, che lentamente sta cedendo sotto le martellate e gli affronti del nostro tempo, un tempo che spinge “fuori” i personaggi e noi stessi,  quasi a cacciarci via, a sfrattarci in un mondo senza più un briciolo di dignità.

Sarebbe scontato, persino superficiale, definire i personaggi di questa commedia teatranti. Ma scavando nel profondo, dalla parola teatrante emerge la fatica, il lavorio, l’impegno e il sudore per un teatro lontano dai grandi circuiti e non per questo meno apprezzabile. Quello di Nasuto e della sua compagnia infatti è un teatro in ascesa, un teatro che porta in scena il quotidiano, la disperazione della gente, insomma la vita. In fondo il teatro, con la sua magia e il suo intreccio di esistenze, non è altro che questo: un riflesso delle nostre piccole e umane fragilità.

Angelo Mascolo

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