Oggi però è stata identificata una nuova doppia firma molecolare, capace di riconoscere in anticipo le pazienti nelle quali il trattamento con il medicinale ha maggiori probabilità di successo. Questo grazie a uno studio della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, svolto in collaborazione con la professoressa Manuela Iezzi dell’Università di Chieti e la professoressa Patrizia Nanni dell’Università di Bologna. La ricerca, finanziata da AIRC e dal Ministero della Salute, è stata recentemente pubblicata sulla rivista Cancer Research.
Un gruppo di ricercatori coordinato da Elda Tagliabue e Serenella Pupa, del Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Medicina Molecolare dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ha indagato sui meccanismi molecolari da cui dipende l’efficacia del trattamento: “Trastuzumab è un anticorpo monoclonale, prodotto specificamente in laboratorio per mirare al bersaglio HER2. Con questa ricerca abbiamo scoperto che il farmaco ha maggiore efficacia quando la proteina HER2 è presente in una variante chiamata d16HER2, caratterizzata dalla perdita di una sua piccola porzione” spiega Serenella Pupa, “e se in concomitanza è attivata un’altra molecola chiamata Src (pSrc), indispensabile per trasmettere alle cellule tumorali il segnale di questa forma tronca di HER2”.
Circa il 25% dei tumori positivi per HER2, esaminati nel corso del lavoro, porta questa doppia firma molecolare (d16HER2/pSrc). E le pazienti da cui erano stati prelevati questi campioni sono state anche quelle in cui il farmaco è risultato straordinariamente efficace, uccidendo le cellule tumorali e bloccando la progressione della malattia.
Per confermare l’indicazione emersa dallo studio, il legame tra la doppia firma molecolare e la risposta alla terapia si sta ora validando su un maggior numero di casi, un passaggio indispensabile prima di applicare alla clinica le conclusioni del lavoro sperimentale.
Nel frattempo il gruppo dell’Istituto Nazionale dei Tumori sta collaborando con l’Università di Milano per produrre un kit diagnostico che permetta ai laboratori di individuare le pazienti che potranno trarre maggiore beneficio dalla cura. “Dalla conoscenza sempre più approfondita dei meccanismi molecolari alla base del successo della cura si potrà poi partire per trovare altre soluzioni in grado di ottenere il miglior risultato terapeutico in tutte le donne con tumore al seno iperesprimente HER2” auspica Elda Tagliabue.