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Il ricordo di un derby diverso

Perché?

Eh si, la domanda nasce serenamente…perché? E non è il solito punto interrogativo che postula chi brama sapere qualcosa. No. Questo è un perché di rabbia, quell’antica forza che fa incendiare i cuori: la rabbia. Di cosa si parla? Di una gara di calcio, un incontro che va oltre il tempo, si allontana tra i vicoli della memoria e si ripresenta.La prima volta che andai al Romeo Menti per il mio battesimo dei derbies, avevo calzoni corti e zoccoletti ai piedi; mio padre mi diceva di non gridare ed io a 8 anni non ne volevo sapere e poi un tifoso avversario, ridendo mi salvò da uno schiaffo del genitore.

Sì un tifoso avversario, perché allora non esistevano le fasce di sicurezza, le tessere dei tifosi e tanta polizia a guardarci, no. Stavamo insieme tutti e la nostra forza era solo quella di trattenerci nei momenti topici. Ora cosa dire. Si va allo stadio come ad un appuntamento con i guai, ma per fortuna che ci sono le autorità che provvedono a non farci andare. Sì,  ringrazio tutti coloro che hanno impedito di urlare, di sfotterci tra noi, di vivere una mattinata che magari aspettavamo da tempo.

Ora a parte l’ironia, ma tutto il polverone alzato per mettere telecamere, tornelli, tessere del tifoso e via dicendo, ma allora ci avete fatto uno scherzo? Mannaggia a voi…che burloni che siete; diceva bene qualcuno: in Italia la situazione è grave ma non seria.

Ernesto Limito 

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