Nasce la Rete Nazionale per le problematiche di assistenza in campo socio-sanitario

Ospedale-San-GallicanoNasce la Rete Nazionale per le problematiche di assistenza in campo socio-sanitario legate alle popolazioni migranti e alla povertà. Questo il risultato più rilevante annunciato durante il convegno “La salute di tutti, nessuno escluso”, che si è svolto il 2 dicembre a Roma presso la sede dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP). Una rete grazie alla quale le Regioni italiane, il privato sociale e il mondo scientifico, coordinati dall’INMP, affrontano al meglio le nuove sfide poste al sistema sanitario, in un momento di crisi come questo in cui aumentano le disuguaglianze sociali, economiche e conseguentemente anche di salute.

La rete si arricchisce anche delle conoscenze scientifiche elaborate dall’Osservatorio epidemiologico nazionale, operante presso l’INMP con la partecipazione attiva di esperti di varie regioni italiane, che monitora in continuo lo stato di salute delle popolazioni povere e immigrate. Alcuni dati interessanti sono stati presentati all’inizio del convegno da Concetta Mirisola, direttore generale dell’INMP. Il primo è che negli ultimi anni il numero degli immigrati è rimasto sostanzialmente stazionario, sui 5 milioni di presenze (5.186.000 nel 2013), mentre gli irregolari sono passati dal 21,7% del totale dei migranti nel 2003 al 6% nel 2013. Una situazione quindi stabile, in un quadro che vede gli immigrati generalmente in buone condizioni di salute al momento del loro arrivo in Italia, perché i molti giovani che lasciano le loro terre per venire nel nostro come in altri Paesi europei fanno parte della popolazione più attiva e con migliore stato di salute. Anche se i dati forniti da Mirisola mostrano che talvolta non è così: ad esempio, coloro che giungono in Italia per richiedere protezione internazionale presentano spesso condizioni di salute compromesse, a causa delle loro storia personale di violenze subite e diritti negati. Ed è altrettanto vero che il patrimonio di salute dei giovani migranti viene meno dopo alcuni anni di vita nel Paese che li ospita, per effetto della marginalità e dell’assenza di legami affettivi e familiari in cui spesso si trovano a vivere. Eppure la normativa italiana, a partire dal decreto legislativo n. 286 del 1998, riconosce in linea di principio a tutti i migranti in Italia, anche irregolari, il diritto di accesso alle cure: conquista questa, sottolineata dall’on. Livia Turco, promotrice di quella legge e presidente del Consiglio di indirizzo dell’INMP, intervenuta al convegno.

Se la crisi sta portando all’emergenza di nuove e diffuse fragilità nel nostro Paese (secondo i dati Eurostat, le persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia hanno superato la soglia del 28,4% nel 2013), cui si associa un crescente senso di sfiducia e un innalzamento del livello di conflittualità sociale, è necessario, conclude il direttore Mirisola, promuovere strategie che abbiano l’effetto di ridurre la distanza tra le persone, favorendo i processi di integrazione e rafforzando il capitale sociale, in termini di senso civico, patrimonio di relazioni, interconnettività sociale e reciprocità.
Il sistema sanitario italiano, per sua natura universalistico e attento ai bisogni delle persone e al contrasto delle diseguaglianze, consente di affrontare meglio che altrove le situazioni di emarginazione e disagio. Lo ha ricordato nel suo intervento introduttivo il consigliere Giuseppe Chiné, capo di gabinetto del Ministro della Salute, a partire dal dettato costituzionale che all’articolo 32 riconosce la tutela della salute come diritto di tutti gli individui, senza limitazioni di cittadinanza, estrazione sociale e reddito. E nell’ambito del sistema sanitario nazionale, per il Ministero della Salute e per le Regioni, l’INMP diventa un forte punto di riferimento tecnico, scientifico, sanitario, che agisce concretamente a servizio dei territori, mettendo a disposizione conoscenze, buone pratiche, dati, e laddove ve ne sia necessità diretta, anche assistenza sanitaria, sociosanitaria e servizi di mediazione culturale. Sarà proprio l’INMP ad assicurare, nell’ambito del Protocollo d’intesa tra i Ministri dell’Interno, della Salute e della Difesa per l’avvio dell’operazione Triton, i mediatori culturali che opereranno a bordo delle unità navali della Marina italiana a supporto delle attività di assistenza sanitaria.

Sempre in tema di lotta alle disuguaglianze, è stato presentato in anteprima italiana durante il convegno INMP il Libro Bianco “Equità nella salute” coordinato da Giuseppe Costa (Università di Torino), che ha mostrato molti dati riferiti proprio all’impatto dei determinanti socio-economici sulla salute. Tutti gli indicatori di posizione sociale – dal reddito al livello di istruzione al ruolo lavorativo – indicano che il gap di salute esistente fra soggetti più e meno abbienti si traduce in Italia in una riduzione di 7 anni nella speranza di vita. “Se si potessero eliminare per esempio le differenze di istruzione nella popolazione, portando tutti a al livello di educazione superiore si verificherebbe una possibile una riduzione della mortalità del 25% fra i maschi e più del 10% fra le donne”.
Oltre a dare un quadro articolato dello stato di salute in relazione ai principali determinanti sociali, il Libro Bianco offre molti spunti per politiche intersettoriali orientate all’equità, per affrontare in modo integrato le disuguaglianze di salute.
Il primo Convegno annuale dell’INMP è servito anche a riferire sulle attività di medicina sociale e interculturale dell’Istituto, sia nel poliambulatorio dell’Istituto, sia di quelle effettuate con l’unità mobile dell’INMP direttamente nei quartieri più disagiati della capitale. Le visite effettuate dal 2007 a oggi sono state 258.000 (per circa 75.000 pazienti) fra i quali molti immigrati di diverse provenienze ma anche molti italiani di diverse fasce sociali. Si è notato infatti come nel 2007 ben il 92% dei pazienti fosse costituito da immigrati e nel 2013 la stessa percentuale fosse scesa a circa il 60%, con un corrispondente aumento di italiani. L’INMP svolge un’importante opera di assistenza integrata – clinica, sociale e psicologica con l’aiuto di mediatori culturali esperti nel campo della salute – a immigrati regolari e non, a senza dimora, a poveri e nuovi poveri. Tale modello prevede per loro una facilitazione nell’accesso ai servizi sanitari, che sono gli stessi erogati al resto della popolazione. Il modello INMP prevede peraltro un’attenzione particolare alle diversità di cultura, religione, lingua, e richiede l’affiancamento dei mediatori culturali agli operatori sanitari, questi ultimi formati alla medicina transculturale.

Su questo specifico tema è intervenuto il professor Mark Johnson, della De Montfort University (Leicester, UK), che ha sottolineato l’importanza che i medici e gli operatori sanitari sappiano tener conto nella presa in carico degli stranieri, delle diversità di lingua, cultura, religione, come pure di quelle simboliche e per alcuni aspetti anche biologiche, che caratterizzano le popolazioni di antica o recente immigrazione presenti in Europa. Johnson ha anche stigmatizzato l’impreparazione di molti sistemi sanitari territoriali nel rispondere alle esigenze puntuali delle popolazioni più fragili, richiedendo ai decisori politici un atto di responsabilità nella programmazione degli interventi di prevenzione.
Due tavole rotonde, moderate dai giornalisti Roberto Turno del Sole 24 Ore e Margherita De Bac del Corriere della Sera, hanno affrontato la questione delle nuove politiche di integrazione e di promozione della salute, nell’attuale quadro di crescenti disuguaglianze sociali e di pericolose “guerre fra poveri e immigrati”. L’episodio di Tor Sapienza a Roma rappresenta uno dei casi più recenti. Come ha commentato il Prefetto del Ministero degli Interni Angelo Malandrino, i 30 minori non accompagnati trasferiti da Tor Sapienza rappresentavano in realtà un esperimento avanzato di integrazione (progetto SPRAR), su cui non si è fornita una informazione corretta da parte della stampa.
E’ stato inoltre affrontato il tema degli sbarchi in Sicilia e fatto un bilancio dell’operazione “Mare Nostrum”, appena conclusa, sia da parte di Malandrino sia dell’Assessore alla Salute Lucia Borsellino: una situazione difficilissima che la sanità siciliana, affiancata anche dagli operatori dell’INMP, dalla Marina militare e dal mondo del volontariato, ha saputo fronteggiare con successo. Anche ora che “Mare Nostrum” cede il passo al nuovo programma Triton, benché con meno risorse, l’impegno resta alto, con monitoraggi medici sia allo sbarco sia all’atto dell’accoglienza dei migranti nei centri di smistamento e da lì nelle varie regioni italiane. Un’esperienza particolare è stata fornita da padre Camillo Ripamonti della Fondazione Centro Astalli, che si prende cura delle persone richiedenti asilo, sicuramente la parte più sofferente e a rischio della popolazione migrante. Riporta la positività della collaborazione del privato sociale con i soggetti pubblici deputati alla gestione delle problematiche di migrazione. I diversi approcci regionali sono stati rappresentati da Antonio Brambilla (Emilia Romagna), Maria José Caldes (Toscana) e la stessa Lucia Borsellino (Sicilia), tre regioni all’avanguardia nel dare attuazione all’Accordo Stato-Regioni del 2012 in cui, tra l’altro, si prevede di fornire ai minori immigrati l’assistenza pediatrica di base.
Interessanti contributi sono stati offerti da Andrea Tardiola (Lazio), Ferdinando Romano (Campania), Cesare Cislaghi (Agenas), Raffaele Tangorra (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), Eugenia Roccella (Vicepresidente Commissione Affari Sociali della Camera).
Messaggi di apprezzamento e di saluto sono stati inviati dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e da Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato.
Concetta Mirisola e Livia Turco hanno chiuso i lavori del Convegno richiamando la vocazione universalistica del Servizio sanitario italiano e la necessità che tale universalismo venga sempre di più orientato a “privilegiare” i poveri e i vulnerabili, che oggi soffrono più di altri di una difficoltà di accesso efficace al sistema.

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