Nei numeri il fallimento dell’antica Stabia

villa-san-marcoPer ragioni di studio qualche anno fa mi recai al parco archeologico di Selinunte in Sicilia occidentale. Un’area di oltre 40 ettari circondata da colline verdi digradanti verso il mare. In più, infrastrutture, parcheggi per i bus, un info point e segnalazioni stradali. Insomma, una struttura perfettamente in linea con i criteri ministeriali che disciplinano la costituzione dei parchi archeologici. Di recente, qualche “illuminato” ha proposto di realizzare qualcosa di simile anche per le ville di Stabia. Un progetto che almeno nelle intenzioni avrebbe portato a Stabia un flusso turistico imponente con oltre 200mila turisti in un anno. A turbare questa meravigliosa utopia, l’ennesima proposta in questi anni per il rilancio del sito, concorrono i dati dell’affluenza al sito resi noti dalla Soprintendenza di Pompei: per il 2014 sono state appena 19.296 le presenze a fronte delle 33.521 dell’anno precedente. “Se è pur vero che il crollo di visitatori è imputabile a vari fattori – dichiara il consigliere d’opposizione Eduardo Melisse – non possiamo nasconderci dietro a un dito. Bisogna lavorare affinché il sito di Stabia possa ricevere la giusta valorizzazione all’interno del circuito archeologico vesuviano”.

Il  crollo verticale delle presenze tuttavia merita un’analisi precisa. Mettendo da parte i fantomatici propositi di un parco archeologico, praticamente irrealizzabile in un’area caratterizzata da un’incontrollata urbanizzazione e dalla piaga dilagante dell’abusivismo edilizio, il sito di Stabia rappresenta il fallimento di tutte le istituzioni coinvolte nella sua promozione e valorizzazione. Un fallimento che è visibile soprattutto nell’assenza della più elementari infrastrutture. Da anni, come operatori dell’informazione, denunciamo lo stato di vergognoso degrado in cui versano gli accessi alle ville, senza considerare la mancanza di una rinnovata e aggiornata segnaletica stradale, di un’area parcheggio moderna, di un sistema di videosorveglianza, di ingressi regolamentati alle Ville, di una pulizia di tutta via Passeggiata Archeologica che rimane tuttora sporca e incustodita.

Tuttavia ci preme circoscrivere meglio le responsabilità per capire l’entità del collasso di Stabia.

Ente Comunale. Giunte comunali diverse, distratte ed inefficienti, non si sono accorte in questo decennio che per il rilancio di Stabia bastava cominciare dal punto più semplice: curare la comunicazione istituzionale. Alle Ville i turisti non arrivano semplicemente perché non la conoscono. A differenza delle vicine Pompei ed Ercolano veri e propri spot pubblicitari per l’umanità. Questo perché non si è mai pensato di trasformare Stabia in un brand, in un marchio da esportare nel mondo e farlo creando alleanze, partnership commerciali, sinergie con agenzie turistiche e altri operatori turistici.

Fondazione Ras. Di questo soggetto preferiremmo addirittura non parlare. La sua attività in agro stabiano è stata ed è da ritenersi a dir poco aleatoria, dato che qualcuno dovrebbe spiegare ai vertici di questa Fondazione che la valorizzazione di un territorio parte dal territorio stesso. Per questo ci riesce molto difficile capire in che modo si possano conciliare le mostre in giro per il mondo e la riluttanza ad organizzare eventi promozionali a Castellammare e dintorni. Tuttavia, Ras paga ben altre colpe. Su tutte, quella di aver interpretato in maniera del tutto libera il contratto di sponsorizzazione in essere con la Soprintendenza pompeiana, trasformando di fatto le Ville in un feudo accessibile a pochi accoliti. A questo si aggiungano inoltre i fantasmagorici progetti di un parco archeologico rimasto a livello cartaceo. Pardon: a livello di masterplan.

Soprintendenza Pompei.  Il contratto di sponsorizzazione stipulato nel 2006 con la Ras e la marginalità gestionale nei riguardi del sito rappresentano alcuni degli errori “strategici” commessi dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei. L’avvento del nuovo Soprintendente Massimo Osanna, che ha peraltro assunto posizioni molto chiare nei riguardi della Fondazione Ras e di alcune gravi inefficienze dell’Ufficio Scavi (affaire dei set fotografici e delle presunte mazzette), si spera possa rappresentare una inversione di tendenza.

In attesa di una rinascita che tarda ad arrivare, il picco verticale delle presenze rappresenta l’ennesimo affronto riservato all’antica Stabia. Serve, e lo diciamo da tempo, un piano di crescita ad hoc per le Ville necessario non solo alla promozione del sito ma anche alla sua stessa sopravvivenza nel tempo.

Angelo Mascolo  

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