E’ uscito il nuovo romanzo del filosofo, medioevalista e massmediologo Umberto Eco, “Numero Zero”. Uno scritto all’apparenza anomalo per l’autore, che narra le vicende avvenute nel 1992, il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, gli albori di Tangentopoli e la crisi degli ideali all’indomani della caduta del muro di Berlino. Un giornalista cinquantenne sull’orlo del fallimento, un redattore senza scrupoli, una donna affascinante, colta, e un po’ pazza ma che si occupa solo di scandali rosa ed oroscopi, un collaboratore complottista ed un altro ammanicato con i servizi segreti iniziano un progetto discutibile, creare un giornale completamente asservito ai dettami ed agli interessi di un non meglio identificato “Commendatore”, finanziatore abietto che ha il solo scopo di farsi spazio nella economia e magari … anche nella politica, approfittando del periodo di scompenso socio-culturale e di confusione tra i cittadini.
C’è un po’ di “Il Pendolo di Foucault”, il visionario Braggadocio è ossessionato non dai Rosa Croce ma da un Mussolini ancora vivente negli anni ‘70 e motivo del fallimento del colpo di Stato organizzato dalla associazione segreta neofascista “Gladio”, un po’ di “Il Cimitero di Praga”, ma qui non è la storia ad essere piegata ai voleri di mistificatori e potenti che cercano di trarre profitto dalle stragi, spesso organizzandole essi stessi per poi far cadere la colpa sui nemici, bensì un periodo a noi più vicino, attuale.
Il taglio è tuttavia diverso, giornalistico, la lettura semplice, scorrevole, alla portata di tutti, talora persino elementare e struggente nella sua semplicità, non mancando tuttavia citazioni colte, ma la cultura è ironicamente vista come presupposto di fallimento, non di successo, e chi va avanti sono “quelli che sanno bene solo una cosa”. Sebbene le vicende si svolgano ben venti anni fa, il libro è neanche tanto celatamenteattualissimo, rispecchia un modo di fare giornalismo che nel nuovo millennio e soprattutto oggi è tanto in voga, la notizia che deve rendere stupido chi la legge, credendo di farlo sentire intelligente, evitando di creargli complessi di inferiorità.
Titoli sensazionali, come quelli che si trovano nei nostri social network, nascondono poi notizie “bufale” o ovvie che vengono artatamente mistificate e fatte passare per scoop. Una critica anche alla paranoia delle nuove generazione, dietrologhe, che vedono complotti ovunque e, credendo di possedere una conoscenza sterminata e proteiforme grazie alla loro “protesi telematica”, sono in realtà inebetiti dal flusso continuo di notizie ed interessati a godere sadicamente delle e disgrazie altrui, degli omicidi efferati, e sognano una vita facile da velina o calciatore o anche politico, senza necessità di alcuno sforzo, impegno o rigore, senza dover fare i conti con la cultura, dormienti interessati al guadagno e al successo, oppure, forse peggio, rivoluzionari che vogliono fare le rivolte comodamente seduti dinanzi al loro PC, senza scendere in piazza, solo facendo un clic su qualche sito di qualche partito telematico che studia il modo di essere alla loro portata.
Giovanni Di Rubba