Non finivano ai poveri gli abiti usati contenuti nei cassonetti gialli, sparsi nelle città, ma venivano venduti in paesi dell’est Europa, nord Africa e sud-Africa.
E senza essere ”igienizzati”. Sono accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e alla violazione delle normative sulla tutela ambientale, le tredici persone finite agli arresti nell’operazione condotta questa mattina da polizia di stato e dalla polizia provinciale tra Roma, Napoli, Salerno, Novara, Pavia, Macerata e Frosinone, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.
A capo dell’organizzazione, il boss della camorra Pietro Cozzolino elemento di vertice dell’omonimo clan operante a Portici-Ercolano, già condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e il fratello Aniello, anche lui condannato in via definitiva per lo stesso reato e latitante dal 2008.
L’organizzazione criminale, che vantava supporti logistici in ambito internazionale, si fondava su un accordo tra società e finte Onlus, che operavano quali recuperatori di rifiuti che, tramite un sistema di ”conoscenze” per la ripartizione degli appalti distribuiti dall’Ama, stipulavano apposite convenzioni di igiene urbana volte all’affidamento diretto di servizi pubblici.