L’iter della legge che introduce i reati ambientali nel Codice penale fa un altro importante passo in avanti. Le commissioni riunite Ambiente e Giustizia del Senato hanno finalmente licenziato il testo, modificando quello già approvato alla Camera ormai un anno fa. Ora la parola passa all’Aula di Palazzo Madama e l’auspicio è che l’esame del provvedimento sia calendarizzato al più presto dalla conferenza dei capigruppo e dalla presidenza del Senato, subito dopo l’elezione del Presidente della Repubblica.
Il testo frutto del lavoro delle commissioni nelle ultime settimane ha accolto molte delle proposte emendative presentate dalle associazioni: «Legambiente, insieme a Libera e alle altre 23 associazioni che hanno sottoscritto l’appello “In nome del popolo inquinato”, continuerà a vigilare per evitare stravolgimenti del testo in Aula e per chiedere al Senato di concordare le poche modifiche da apportare con i gruppi parlamentari della Camera, in modo che l’ulteriore passaggio a Montecitorio sia quello definitivo. Alla Camera si dovrà prevedere anche la sede deliberante in Commissione per accorciare i tempi, evitando il passaggio in Aula. Proporremo ancora alcuni aggiustamenti ai senatori, nella consapevolezza che già con questa formulazione avremmo finalmente nel nostro ordinamento quattro nuovi delitti ambientali nel Codice penale, in grado di scongiurare i casi di impunità che hanno purtroppo funestato la cronaca giudiziaria degli ultimi decenni.
Per citare solo alcuni dei progressi fatti, rileviamo che il testo non subordina, come faceva invece quello approvato alla Camera, la contestazione dei reati di inquinamento e di disastro ambientale alla “violazione di specifiche disposizioni legislative” (locuzione ora sostituita con la formula più corretta di “abusivamente”). Altra importante modifica apportata riguarda la possibilità di contestare il cosiddetto delitto di “disastro innominato” per i procedimenti giudiziari in corso. Tra le ulteriori migliorie che proponiamo invece ai senatori, una riguarda la necessità, per contestare l’inquinamento ambientale, di accertare la compromissione o il deterioramento «durevoli dello stato preesistente», formulazione a nostro avviso passibile di interpretazioni che rischiano di svilire la portata sanzionatoria. La riflessione, poi, va estesa anche ad una eccessiva estensione della non punibilità per i reati colposi per chi mette in campo operazioni di risanamento e bonifica e anche ai tempi di prescrizione, già ampliati rispetto alla situazione attuale ma sui quali si può fare ancora un passo in avanti», dichiara Legambiente in un comunicato.
I delitti contro l’ambiente restano, di fatto, impuniti e chi inquina non paga per la mancanza nell’ordinamento italiano di una fattispecie di reato ad hoc. Con l’inserimento nel codice penale dei delitti ambientali, in primis quelli di inquinamento e disastro, sarà possibile aiutare magistratura e forze dell’ordine ad assicurare alla giustizia i colpevoli ed evitare che nel nostro Paese si ripetano altri disastri e crimini ambientali com’è già successo nella Terra dei fuochi, nella Valle del Sacco, a Taranto, a Porto Marghera, a Bussi, a Casale Monferrato. E che non vi siano più casi di giustizia negata.
«Il Paese non può più attendere, siamo all’ultimo chilometro di una estenuante maratona iniziata più di vent’anni fa con la presentazione del primo Rapporto Ecomafia. Per arrivare al traguardo velocemente chiediamo alle cittadine e ai cittadini di continuare a far sentire il fiato sul collo alle istituzioni sottoscrivendo l’appello “In nome del popolo inquinato” su www.change.org/legambiente-ecoreati» dichiara Rossella Muroni, direttrice generale della Legambiente.
Carmine Iovine