Inefficienze, mala fede e l’incompetenza della politica, condannano Bagnoli
Alfonso Maria Liguori
Chi controlla il controllore? E’ quello che si chiedono interdetti i residenti di Bagnoli all’altezza della popolatissima via di Pozzuoli, arteria principale che unisce l’arenile a Pozzuoli. In questa terra di nessuno tutto è possibile: dalla somministrazione abusiva di bevande alcoliche su improvvisati lidi altrettanto sprovvisti di regolare autorizzazione alla sporcizia che perennemente insudicia l’immagine della zona gli onesti contribuenti ringraziano (con amara ironia) il sindaco di Napoli Luigi de Magistris per quanto “non fatto” per uno dei siti più rappresentativi della città.
Il globe trotter della scuola dell’obbligo de Magistris ha definitivamente persuaso i napoletani di quanto inconcludente, contraddittoria e latitante possa essere l’azione di governo di chi si è mostrato palesemente incapace di amministrare una delle perle più rappresentative del mediterraneo. Basta con gli scarica barili tra il primo cittadino di Napoli e quello di Pozzuoli Vincenzo Figliolia inerente la competenza d’intervento delle zone a confine di una Partenope mai tanto umiliata da chi al contrario dovrebbe garantirne credibilità e qualità d’assistenza.
A chi rivolgersi allora per avere giustizia? E soprattutto chi controlla il controllore?
Nessuno: il dato deprimente ma drammaticamente fedele alla realtà dei fatti vanifica i sacrifici delle nuove leve indigene che con eroica determinazione si prodigano quotidianamente (in forma spesso associativa) a che le cose “cambino” naufragando puntualmente in una tempesta di inefficienze scaturite dalla mala fede e dall’incompetenza di buona parte del mondo politico locale.
Il cantautore Federico Salvatore recitava in un brano: “chi urla dietro il muro non fa rumore…” Ebbene oggi questo muro virtuale che divide Napoli in ricchi e poveri, appartenenti e non, vittime e carnefici è talmente spesso e maleodorante da emanare ribrezzo a centinaia di chilometri in quella parte del Paese Italia in cui ci si crogiola nella certezza maligna di poter contare sulla follia cinica di chi è riuscito a trasformare un “paradiso naturale ” nel più scuro girone infernale.