Ercolano ripulita dal malaffare: ma sarà vera gloria? L’opinione pubblica è in merito avvilita da un regresso socio-economico che sembra inarrestabile ormai da anni. Fatta eccezione per pochi storici potenti “casati” (che oggi fingono di non conoscere nemmeno i nomi dei potenti clan della zona) che continuano a dettar legge in paese la comunità degli scavi arranca vistosamente oppressa da inefficienze quotidiane che compromettono non poco la qualità d’esistenza dei residenti.
Ercolano paese di bar e paninoteche: triste e riduttivo dover etichettare in tal modo un territorio che vanta duemila anni di storia e che dovrebbe, almeno sulla carta, costituire il fiore all’occhiello del turismo archeologico campano. Tra inaugurazioni di pubblici edifici ripetute all’infinito e deliri di grandezza di qualche amministratore locale la cittadina vesuviana rappresenta oggi il più fulgido esempio di approssimazione governativa : per decenni con penosa ripetitività si sono alternati membri sempre delle stesse famiglie nel palazzo di città, in quella che dovrebbe essere oasi sicura per ogni onesto contribuente ercolanese e che si è sempre invece rivelata roccaforte asettica dove recarsi solo se “scortati” dal pezzo da novanta di turno.
Basti osservare l’anzianità di servizio della maggior parte dei dipendenti comunali (vigili compresi) per realizzare l’arcaica impostazione di un comune in cui in fondo si va avanti ancora per conoscenze e parentele. Fatta questa opportuna e, sia consentito sottolinearlo, reale premessa all’ercolanese “normale” poco importa alla fine se a guidare la città sia il renziano doc Ciro Buonajuto, l’attuale sindaco Vincenzo Strazzullo o l’assessore Antonello Cozzolino. L’importante è che chiunque abbia l’onore di rappresentare pubblicamente Ercolano lo faccia nel rispetto della stessa e delle esigenze di chi mai si è arreso al fatalismo rinunciatario professando al contrario con fierezza la propria origine “ercolanese”. In breve: prevalga il gene “ercolanese” sulla cellula impazzita “resinara” costata già un prezzo altissimo a chi ha creduto e investito in questi luoghi.
Alfonso Maria Liguori