“Aveva già conquistato due certezze: il luogo, l’impegno. Da Napoli non si sarebbe più mossa. Vi alitavano savia comprensione, indifferenza gentile, meglio ancora supremo senso della vita, in equilibrio fra pietà e disincanto. Tutto (dal grande e nobile, al futile e meschino) acquistava preziosità inestimabile ma, al tempo stesso, non valeva nulla. Ciò rendeva liberi, indipendenti. Si respirava in aria, da un capo all’altro della città, anche nei posti brutti, nel clamore inquietante, che s’era rivelato necessario. Di sera, quando restava a leggere e a scrivere nella casa dormiente, nel vicolo appagato, quanto orrendo, minaccioso, il silenzio!
La città nascondeva inclinazione pedagogica. Senza volerti insegnare nulla ti costringeva ad apprendere, fra banalità, segreti pregevoli. I Napoletani li succhiavano col latte, ma ce n’era per tutti. Bastava stare attenti, riflettere.
La seconda certezza? Continuare a leggere, scrivere, coltivare idee. A Napoli le avveniva con naturalezza così propizia da pensare al destino” da “Il Resto di Niente” di Enzo Striano
“La sera in cui il Borbone le aveva assegnato la palma della poesia, Eleonora, tornata a casa dai genitori che l’aspettavano, gridò entrando:”Ho vinto…”. La madre si preoccupò di quella sua esaltazione. Eleonora la turbava. Era così diversa dalle ragazze della sua età. Così perduta tra i libri e studi, in quella sua curiosa volontà di affermare l’ingegno della donna” da “Cara Eleonora” di Maria Antonietta Macciocchi