ISIS e terrorismo: i seminatori di discordia danteschi

isis seminatori di discordiaIl terrorismo è il servo sciocco del potere, non spaventa solo gli apici della società, i potenti spesso rischiano meno dei poveri cittadini perché più protetti nelle loro ville o dalle scorte. Il terrorismo crea terrore, sgomento, paura, timore del nemico,soprattutto tra il popolo, tra chi vive la sua vita di cittadino qualunque. E’ sempre stato così, dalle brigate rosse al terrorismo nero degli anni di piombo sino ad Al-Qaeda ed ora ai presunti “Fautori dello Stato Islamico”, i pazzi sanguinari dell’ISIS, che rinnegano la loro religione, i loro dogmi, rendendoli preda dei bassi istinti, macchiando spudoratamente il nome di Dio o quello di Allah, trucidando povera gente, in maniera spietata e vigliacca, privi di ogni principio cavalleresco.

Usano la forza, dunque, aspirano non alla libertà, non a ricongiungersi con la comunità, né con il divino, per ammirarne un giorno il volto eterno, per godere nei pullulanti giardini di zagare, dai profumi intensi. Scindono la loro anima dal corpo e compiono il più osceno dei delitti, l’omicidio, e al disgusto di togliere una vita dalle braccia della “Madre Terra” si aggiunge la santificazione autoreferenziale dei loro crimini.

Sgozzatori putridi, rovina dell’uomo, come individuo, ancor prima come persona. E nemmeno si arrestano dinanzi alla bellezza del creato, alla grandezza dei monumenti, alla contemplazione del più nobile dei prodotti dell’agire umano, l’arte. Mai si era vista nel popolo musulmano una tale spietatezza, mai come nel secolo scorso ed in questo soprattutto, persone tra le più religiose al mondo, quali esse sono, hanno mostrato una tale crudeltà, nonché mancanza di cultura, per le opere sacre, per i luoghi di culto, per l’arte tutta più in generale. Dante colloca Maometto non tra gli eretici del X canto, costretti a vivere in bare ardenti, ma ben più sotto, più grave è la sua colpa. Giace, per contrappasso analogico, orribilmente sventrato e sotto la scure (ironia della sorte) di un diavolo armato di spada, tra i seminatori di discordia, tra coloro che hanno compiuto la somma opera del maligno, la sua insidia peggiore, dopo la tentazione al tradimento, ed anzi forse la matrice stessa di ogni tradimento, il gettare zizzania. La parola diavolo significa, infatti, “colui che divide”, e chi crea astio e guerra tra gli uomini, sia occidentale, musulmano, sionista, cristiano o dell’estremo oriente compie di per sé l’opera del male. Spudoratamente.

E come laicamente il terrorismo partitico creò paura tra la povera gente sotto il vessillo di un ideale comunista, fascista o liberista, allo stesso modo difendere la propria barbarie che è contro Dio, contro la Natura, contro l’Arte, celandosi dietro il nome di una divinità, significa compiere un atto non perdonabile, contro l’Altissimo. L’islamismo, il cristianesimo, l’ebraismo, il paganesimo new age, persino il laicismo ateo,o peggio ancora agnostico, non possono compiere violenza becera per creare discordia, per favorire le guerre. Chi crede che sgozzando gole lotti contro l’imperialismo capitalista, o contro i poteri forti, peggio contro i valori di tolleranza e rispetto, non fa altro che asservirsi al danaro, alla violenza, condanna gli ultimi, i più deboli, gli indifesi, i senza colpa, la brava gente. Scopo della religione deve essere l’incontro, non lo scontro, la cultura è nata dalla religione e ad essa è strettamente, per fortuna, ancora legata. La dolce poesia islamica, la sapienza ebraica, l’umiltà cristiana, la contemplazione mistica delle religioni meditative, rappresentano ciò che c’è di positivo negli uomini, rappresentano, se unite e se figlie di un fraterno abbraccio spinto dallo spirito, desiderio di ricerca ed armonia, della pace eterna.

Per quanto collocare Maometto tra i seminatori di discordia sia oggettivamente sbagliato agli occhi dei moderni e non solo, complice anche la scarsa conoscenza medioevale dell’Islam, viziata dalle crociate (nonché la “falsa leggenda” per cui Maometto abbia fondato una religione perché non eletto al soglio di Pietro), essendo stato uno dei massimi profeti che l’umanità abbia avuto, che ha lasciato un’orma immensa tra i popoli eche non può non essere di insegnamento per tutti,ciononostante, leggendo simbolicamente la pena inflitta dalla fantasia dantesca, ingiustamente, al profeta musulmano, ci accorgiamo che la condanna va non alla religione nella sua interezza ma a chiunque la usi per creare scisma, nel senso etimologico di divisione.

E parliamo di tutte le religioni. Non esistono guerre sante, l’unica guerra santa, cui tutti, religiosi e laici, devono tendere, è perfezionare sé stessi e, evoluti spiritualmente, unirsi alla natura ed agli altri, rendendo la realtà e l’umanità intera migliore, non alimentando la terribile scure della vendetta, vortice ardente alla stregua dell’inferno e suo simbolo, che conduce versoil gelo orribile della chiusura mentale, che di per sé è tradimento sommo, tradimento dell’uomo nella sua dimensione divina, di essere fatto a simiglianza di Dio. E Dante questo lo sapeva, Averroè ed Avicenna, massimi filosofi arabi dei primi anni mille circa, infatti, non risiedono né tra gli eretici né tra i seminatori di discordia. Il loro posto è accanto ai grandi del passato, Socrate, Aristotele, Eraclito, Parmenide, Empedocle, e via discorrendo. Il loro posto è nell’Antro degli Spiriti Magni, di coloro che, con la sola forza della ragione, pur non avendo intravisto pienamente Dio, ne hanno garantito la credenza, l’ascesa ed hanno aperto il cuore e la ragione degli uomini alla luce divina. Chi fa del male ad una sola persona lo fa al mondo intero e se la persona cui si fa del male è colpevole il boia prenderà la colpa su di sé, moltiplicata per sette.

Giovanni Di Rubba

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