Il lungometraggio, proiettato al Politeama di Torre, celebra, in foto di ieri e di oggi, i fasti dei secoli addietro, quale il primato della pasta, detenuto fino agli inizi del 1900, nonché le altre risorse, anche naturali, che sono svanite nel tempo.
Il racconto filmico esamina l’oggi di una città piena di edifici fatiscenti, deturpanti vie e piazze. I pastifici in una certa epoca sono spariti tutti, tranne qualcuno che mantiene ancora la tradizione. Questi son alcuni argomenti di cui parla il filmato, raccontando poi di tutte le ricchezze della vita di allora, che, a dire degli intervistati, era un’altra cosa, aveva in sè tanti tesori di cui il torrese andava e va orgoglioso.
Il tutto presentato attraverso le immagini sovrapposte dei luoghi come erano allora e come sono oggi. Con la tecnica della sovrapposizione, afferma Sparavigna, “ho potuto esprimere un “unicum narrativo” in cui le molteplici sfaccettature evidenziano a 360° tutte le chiavi di lettura su cui si impernia lo spessore storico della “memoria oplontina” di cui il materiale iconografico ne rende più ricco e articolato lo storyboard”. Cosa d’importanza fondamentale è che il lungometraggio esalta le nostre risorse col tempo sfuggite di mano a coloro che hanno avuto l’opportunità di salvare il tutto.
Lo scopo del lavoro vuole essere tra l’altro un rimprovero a chi ha permesso la perdita di tante belle realtà, come il nostro mare, una volta benefico e pescoso, oggi divenuto quasi una fogna, e del pesce si sono perse le tracce, come affermano, nei vari interventi, i nostri pescatori. Nel film, che a mio avviso è un po’ lungo, traspare l’amore dell’autore per la sua terra; soltanto chi ama tanto Torre si può impegnare a lavorare per un’opera così faticosa che racconta gli splendori di una città in cui i ricordi del passato possono dare l’illusione di un futuro di gran lunga migliore.
Federico Orsini