L’agronomo Elena De Marco, a cui l’Ufficio tecnico comunale ha affidato le perizie, approfondisce l’argomento: «È sconcertante che figure professionali appositamente formate e abilitate alla gestione del verde arboreo come gli agronomi, categoria che rappresento, peraltro gli unici tecnici abilitati a valutare la stabilità degli alberi e pienamente consapevoli dell’importanza che essi assumono nella vita di ogni essere umano, vengano fatti passare per dei “boia”. Ogni valutazione va oltre la pura estetica, è frutto di un percorso di studi e di formazione ben definito e si basa su considerazioni tecnico-scientifiche che inglobano la consapevolezza di agire nell’ambito dei “beni pubblici” come il Paesaggio e il Verde urbano, quindi su un bene che è dell’intera collettività che può sicuramente offrire benefici ambientali e paesaggistici ma in alcune occasioni può risultare un’evidente fonte di pericolo. Bisognerebbe diffidare, piuttosto, di chi opera senza l’apporto di esperti in materia, avventurandosi in ambiti del tutto estranei alla propria formazione».
L’agronomo Elena De Marco chiarisce, inoltre, anche quali siano i parametri con cui un albero viene analizzato: «Ogni perizia segue il Protocollo sulla valutazione della stabilità degli alberi della Società Italiana di Arboricoltura e deve descrivere la situazione biomeccanica di un albero nei suoi vari apparati, in termini qualitativi e quantitativi soprattutto per quanto concerne il rischio di schianti o cedimenti. Tale verifica, che fonda le sue basi su nozioni di patologia vegetale, botanica, meccanica, tecnologia del legno, etc, e si rifà alle teorie elaborate fondamentalmente da Shigo e Mattheck, ha anche il fine di consentire l’individuazione di procedure operative atte a ripristinare una situazione di equilibrio statico per gli alberi oggetto di analisi. Vengono prese in considerazione, quindi, tutte le possibili tecniche arboricolturali finalizzate alla riduzione del rischio evitando dove possibile l’abbattimento/sostituzione dell’albero. Infatti quando si procede all’abbattimento di ogni pianta si deve progettare contestualmente la sua sostituzione, piantando nuovi soggetti arborei, ovviamente idonei al sito di impianto. Inoltre ogni albero viene classificato in categorie di rischio predefinite in modo da poter individuare in modo rapido ed inequivocabile gli alberi stabili, instabili e da ricontrollare.
Questa suddivisione ha anche lo scopo di fornire dei dati che tengano conto di una “situazione dinamica” e di una “presunta evoluzione” dei danni eventualmente riscontrati sugli alberi. Questo per sottolineare che di tutti gli alberi analizzati tramite VTA solo quelli inconfutabilmente pericolosi vanno in categoria rischio estremo. C’è, infine, da dire – conclude Elena De Marco – che a determinare la pericolosità degli alberi a volte è proprio l’esigenza di costruire della società, la stessa pronta ad indignarsi in caso di abbattimento, che invade o addirittura elimina il loro spazio vitale; o la scelta di collocare specie arboree in spazi inappropriati o troppo piccoli; o le operazioni di potatura irrispettose delle reali esigenze della pianta effettuate senza la collaborazione degli esperti. Ma, soprattutto, “un albero diventa pericoloso perché, nonostante chieda aiuto, chi non conosce urla più di chi sa ascoltare” (Daniele Giordano). Ed è ciò che succede, per esempio, quando si grida alla “strage di alberi” per delle scelte fatte da chi di dovere, proprio per evitare spiacevoli e drammatiche conseguenze, ed assicurare il benessere delle persone e degli alberi stessi».