Fitto è stato il dialogo tenuto con gli studenti che hanno posto domande e raccontato i propri passi nel mondo del lavoro e le difficoltà riscontrate.«Il mondo del lavoro è duro – ha detto il Sindaco Giovanni Ruggiero – ma sarebbe un errore enorme da parte dei “grandi” dirvi solamente che è difficile. È duro ma è possibile: credeteci. La vostra vita dipende da voi e dalle vostre scelte, abbiate fiducia in voi stessi e lavorate voi per cambiare ciò che non vi piace, senza lamentarvi e senza attendere nulla dagli altri. Lavorate su tre aspetti fondamentali: l’idealità e tutto ciò in cui credete e che vi muove per raggiungere traguardi; la potenzialità e quindi l’acquisizione di abilità e competenze attraverso lo studio e la formazione continua; e la necessità con cui prima o poi la vita vi mette faccia a faccia e che, se avete lavorato bene sui primi due punti, sarà più facile gestire».
L’Osservatorio si pone, in quest’ottica, come uno strumento per analizzare la società circostante ed offrire appoggio e soluzioni. «L’Osservatorio sta mettendo in atto tutte le azioni necessarie a promuovere una cittadinanza attiva a partire dalle nuove generazioni – ha detto il Presidente dell’Osservatorio Pasquale Cesarano – e per reintegrare nel lavoro i concetti di dignità e legalità che la crisi ha ridotto e offuscato. Alle tante problematiche, alle segnalazioni che man mano raccoglieremo e ai casi specifici di cui abbiamo discusso con gli studenti, rispondiamo in maniera propositiva».
«Abbiamo provato a dare spunti di riflessione più che fare una lezione frontale – spiega Luca Napolitano, sociologo del lavoro – ripercorrendo i cambiamenti fondamentali del mondo del lavoro negli ultimi 30 anni e analizzando la capacità di adattamento alle nuove prospettive offerte dal mercato. In particolare siamo partiti da una distinzione che alcuni sociologi fanno: esiste un lavoro costitutivo dell’identità della persona, quello che ha dato vita ai colletti bianchi e blu per intenderci, e ha formato la coscienza di classe, il senso di appartenenza ad una classe sociale; poi c’è il lavoro che parcellizza e frammenta la vita e i percorsi individuali, l’organizzazione del quotidiano e la capacità di pianificare il futuro. Da questo concetto si è aperto il dibattito con gli studenti per comprendere il loro senso del lavoro e in quali difficoltà si sono imbattuti. In particolare è emerso chiaramente il grande problema del “lavoro nero”: la quotidianità oggi offre lavoretti, rifiutare significa perdere anche quel minimo, rinunciare significa essere sostituiti con altri che si adeguano e si sottomettono a “regole” pericolosamente considerate normali ma che non lo sono affatto. Educare ad una nuova forma mentis può evitare o quanto meno arginare tutto questo».