Lacrime, disperazione ed incertezza per il futuro. Ecco quanto in questi giorni, minuto dopo minuto, segna la giornata delle tante, troppe famiglie “condannate” all’abbattimento della loro casa a Pompei.
L’apice delle proteste nei confronti di una amministrazione che sembra, mai come in questo caso, lontana dai cittadini, nel pomeriggio di ieri, nell’aula consiliare di Palazzo De Fusco, nel corso di un consiglio comunale che è naufragato nella disperazione di quanti hanno ricevuto la lettera di abbattimento. Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi in tanti potrebbero ritrovarsi senza casa, senza un futuro e senza più la possibilità di rimettersi in sesto dopo aver visto i sacrifici di una vita crollare sotto i colpi delle ruspe.
Cori di proteste e tanti cittadini prima davanti al palazzo di città e poi in consiglio comunale. Alle 17,00 l’assise si apre, ma c’è il tempo solo per i primi interventi dei consiglieri. Nel giro di pochi minuti la protesta ed i cori anti Uliano, sindaco ampiamente votato meno di un anno fa, diventano insostenibili e la seduta viene interrotta dalla presidente “supplente” del Consiglio, Maria Padulosi, che passa la parola ai cittadini, alle vittime di una legalità che non tiene conto, caso per caso, della reale entità degli abusi, delle irregolarità e delle esigenze di quanti, certamente hanno fatto una forzatura, ma quasi in nessun caso si più parlare di speculazione edilizia, di operazione economica finanziaria.
“Questa classe politica deve rendersi conto che siamo povera gente, devono vergognarsi per quello che stiamo subendo senza che nessuno dei nostri rappresentanti prenda una posizione netta provando a capire la reale portata di quanto ci sta accadendo. Siamo nelle nostre case da decenni e ci sono centinaia di casi come i nostri su tutto il territorio pompeiano. Potrebbero essere centinaia le famiglie a trovarsi senza un tetto. Oggi nascondendosi dietro il paravento della tanto sbandierata legalità, non ancora applicata in tanti settori della vita amministrativa, i vertici del nostro comune ci lasciano nella massima disperazione”.
Questo quanto dichiarato da diversi manifestanti, da diversi “condannati” all’abbattimento, da troppe mamme in lacrime che raccontano la loro a tratti paradossale tragedia familiare, magari fuori scuola mentre attendono l’uscita dei figli, perché la vita continua e bisogna viverla provando ad asciugare gli occhi e sperando sempre in un futuro migliore. “Dove andremo fra qualche settimana, per strada? Dove porterò i miei tre bambini. Questa ingiustizia, questo abuso fatto per reali esigenze abitative, per dare qualche metro in più alla mia famiglia che si allargava con la venuta dei bambini, adesso diventa una condanna insopportabile”. Ma le lacrime vanno asciugate perché arrivano i bambini e a loro vanno evitate, magari poi spiegate quando non sarà più possibile fare diversamente.
“E la Cartiera?” Era nell’aria, c’era da aspettarselo da un momento all’altro. “La Cartiera non è stata realizzata con abusi anche accertati?” A parlare è un altro papà. “Tra qualche giorno, il 4 maggio, ci saranno anche staccate le utenze, acqua, luce e gas. Il nostro abuso è in zona rossa, quello della Cartiera invece sembra lontano chilometri da Pompei eppure resta lì, sotto i nostri occhi. Per il centro commerciale i politici si sono dati fin troppo da fare, per noi poveri disgraziati, invece, si appellano a quella ‘legalità’ che vale solo per noi”.
Resta la speranza, ma lo spettro delle ruspe è ormai alle porte. La disperazione è andata in scena nell’aula consiliare. Cosa aspetta la politica a verificare le reali esigenze dei propri “elettori”.