La crisi colpisce tutti, terribilmente, e molti sono i casi limite, in cui si stenta non a vivere ma a sopravvivere. Spesso la noncuranza e l’inadeguatezza del sistema socio-politico-istituzionale è eclatante e sorda o peggio indifferente. Ci troviamo a Volla, a raccontare le vessazioni e lo stato di miseria materiale in cui si trova una coppia di sessantenni, con una figlia di vent’anni, povera e sull’orlo della disperazione, che entro lunedì dovrà abbandonare la propria abitazione trovandosi in mezzo ad una strada senza soldi per soddisfare nemmanco i bisogni primari. Una famiglia che tuttavia non si arrende, non perde la speranza e la fede, mantenendo una fermissima dignità ed umanità, che non esclude, anzi accentua, la rabbia e la sensazione di lottare inermi contro una logica governativa e di mercato scevra da ogni interesse per i cittadini, soprattutto quelli onesti.
La signora Stinga, consorte di Alfonso, disoccupato vollese con gravi problemi di salute e che, nonostante sia affetto da diverse patologie anche gravi, riceve una pensione di invalidità di appena 280 €, racconta con rabbia e coraggio la sua storia.
“ Viviamo da tempo in situazioni di indigenza, in affitto presso un appartamento sito al secondo piano di via Tito Livio, al civico 17. A mio marito è stata diagnosticata una Epatite C, una ipoacusia, essendo quasi interamente non udente, e diverse patologie polmonari. Prima di ammalarsi si è arrangiato come ha potuto pur di poter mandare avanti la famiglia, svolgendo anche le professioni più umili. Riuscivamo, anche se a stento, ad andare avanti, da quando ha iniziato ad ammalarsi le cose sono andate via via peggio”
In che senso?
“ Gli introiti familiari si sono ridotti a zero, nessuno era disposto più ad assumerlo. Io ho cercato lavoro, ma sono troppo anziana e giudicata non idonea né adatta, nonostante sia nel pieno delle mie forze ed abbia anche delle competenze professionali. Anche mio marito, pur se malato, sarebbe disposto a lavorare. Riceviamo la sola sua pensione d’invalidità, e la cifra è tanto irrisoria che non permette di sfamarci, figurarsi pagare il canone locativo o i servizi erogati. Siamo senza riscaldamento, non abbiamo oramai più la linea telefonica, né collegamento a internet. Mio marito soffre di una malattia respiratoria seria e l’ambiente in cui siamo è già di per sé non salubre, figurarsi vivere sotto i ponti”
Fino a quando vi è concesso di restare nella vostra abitazione?
“Ci è statointimato lo sfratto.Non possiamo pagare il canone di circa 400€. Abbiamo tempo fino a lunedì 18 maggio, poi dovremo lasciare l’abitacolo. E per andare dove? Non abbiamo chi possa ospitarci. Siamo spersi, perduti, talora anche la speranza viene meno, non sappiamo che fare.”
Non avete ricevuto alcun tipo di aiuto dalle Autorità, dai Servizi Sociali, dalla Chiesa?
“A dire il vero fino a qualche tempo fa confidavamo nell’ex sindaco, il dottor Angelo Guadagno, persona disponibilissima e che aveva preso l’impegno di darci una mano. Attualmente, però, il comune di Volla è sotto commissariamento prefettizio, e vane sono state le due lettere inviate al commissario. Non abbiamo praticamente ricevuto risposta alcuna. Sempre vicini ci sono stati e continuano ad esserci , invece, il dottor Paolo Manfredi, l’assistente sociale del comune. Ma anche il parroco della Chiesa dell’immacolata di Tavernanoce, don Vittorio Sammino. Tuttavia loro più di tanto non possono fare perché al di fuori dei loro poteri. Si figuri che abbiamo anche scritto una lettera al Pontefice, Sua Santità Papa Francesco. Gli aiuti dati dalla Caritas napoletana non si sono rivelati sufficienti. Mi intenda, hanno proposto un metodo di risoluzione, ma lo stesso richiedeva delle garanzie economiche che noi, come ovvio, non avevamo e tuttora non possediamo.”
Se dovesse fare un appello, cosa chiederebbe.
“Chiederei ai politici, non solo di Volla, ma di tutta la provincia, di darci una mano . Ci spetta una casa popolaredate la nostra situazione d’indigenza, non ci è mai stata assegnata nonostante avessimo i requisiti ed avessimo presentato regolare domanda. Chiediamo ci sia data. Siamo gente onesta e bisognosa, non vogliamo togliere nulla a nessuno, né pretendere ciò che non ci è dovuto. Chiediamo solo un tetto dove vivere, anche di una sola stanza e servizio igienico. Non possiamo finire per strada. Siamo disposti a tutto. Siamo abili a lavoro, e disposti a svolgere anche mansioni umilissime . Rivolgo il mio appello anche a qualche imprenditore. Sono qualificata, ho prestato lavoro in diverse cliniche ed ho ancora tanta forza per lavorare. Sono disposta, ripeto, a fare tutto. Chiediamo che ci venga dato ciò che ci spetta, una esistenza dignitosa, un aiuto concreto e materiale, non solo a chiacchiere ma nella sostanza. Non possiamo continuare così, mio marito è gravemente malato. Più il tempo passa più ogni speranza sembra allontanarsi. Chiediamo disperatamente aiuto. Non sappiamo che fare!”
Giovanni Di Rubba