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Seguendo il periplo paolino, Emmanuel Carrère pubblica il suo ultimo romanzo: “Il Regno”

il regnoEmmanuel Carrère, sceneggiatore, scrittore e regista francese, noto al grande pubblico soprattutto per il romanzo “Baffi”, trasposto sotto la sua stessa regia in “L’Amore Sospetto” (nella versione italiana, mentre in quella francese resta il titolo “La Moustache”), noto per la sua scrittura in bilico tra l’illusione e la consistenza pragmatica, tra il vago ed il reale, ha pubblicato il suo ultimo romanzo: “Il Regno”, edito dalla Adelphi 2015.
In esso c’è tanto di autobiografico, ovviamente alla sua maniera, e, oramai lontano dal cattolicesimo, dal sapere religioso, sempre più forte del credere laico, riscopre, nella seconda decade degli anni duemila, delle riflessioni fatte anni addietro, nel 1992 circa, sul Vangelo di Giovanni.

All’epoca, infatti, aveva subito una forte e violenta conversione, portata quasi all’estremismo ed alla fede cieca, ma che tuttavia lo aveva aiutato a superare diverse crisi di fondo, rendendolo sereno e consolato, presentandogli il mondo e la realtà tutta da un’ottica completamente nuova.
Sulla scorta di questi scritti, inizia a trarre le bozze di quello che poi sarà il” Regno”, soffermandosi però sulla figura di Paolo di Tarso, il Saulo che perseguitava a spada tratta, come braccio armato del Sinedrio, sadduceo probabilmente più che fariseo –dato il suo agire collaborazionista con i Romani- e che, come è storia nota, verrà accecato sulla via di Damasco, soccorso e guarito dalla sua cecità. Da allora in poi il suo atteggiamento sarà del tutto diverso, con l’aiuto e la vicinanza del medico macedone Luca, che sarà autore e scriba del vangelo omonimo nonché degli atti, in cui protagonista quasi indiscusso è lo stesso Paolo, inizia un vero e proprio viaggio per convertire e diffondere il messaggio evangelico.

Ma qui iniziano le ostilità, non tanto e non solo e non soprattutto da parte dei pagani, che spesso lo ascoltano con interesse, ma soprattutto dagli altri apostoli. In particolar riguardo Giacomo, probabilmente fratellastro di Gesù e Pietro, il discepolo più vicino al Cristo. Questi ultimi sono scandalizzati dal modo di agire di Paolo, che converte in massa, che accoglie tutti, non solo gli ebrei e diffonde a tutti il credo della Chiesa che va formandosi e gli insegnamenti di un Gesù che neanche aveva conosciuto. Addirittura non pretendendo per forza di cose rituali obbligatori per qualsiasi credente di allora, quali la circoncisione o il divieto di mangiare carni impure perché sacrificate agli idoli –e all’epoca erano quasi tutte così, perché ai mercati si vendevano spesso i resti dei sacrifici pagani-. C’è poi Giovanni, l’apostolo più interessante e misterioso, interessante anche perché è l’unico di cui potrebbe tracciarsi un profilo psicologico, molto più dettagliato della semplice conversione, atto unico, di un Paolo malaticcio e trasandato. Il discepolo prima impulsivo e in parte belligerante, che tuttavia è stato sino ai piedi della croce, che ha convissuto con la madre di Gesù, maturando ha scritto quello che forse è il vangelo più profondo e illuminante, ed infine, vecchissimo ha scritto l’Apocalisse, un po’ delirante un po’ profetica, dove si pensa attacchi lo stesso Paolo. Ciò in base all’errore, diffuso tra molti studiosi, che ritengono Saulo convertito capo di quella che è la setta dei Nicolaiti, citata nella stessa Apocalisse.

Il rapporto tra i successori del messia è una disputa aperta, dai toni spesso accesi, ma che alla fine riunirà, anche se molti secoli dopo, e dopo lavorii incessanti culminati nel Concilio di Nicea ma che continuano ancora oggi, i diversi aspetti delle chiese in una unica fede.
Un lotta a colpi di predicazione tra tradizione e verità storica data dalla testimonianza diretta (di Giacomo, Pietro e Giovanni) e tra quella che diciamo così progressista (di Paolo).

Il dialogo ed il confronto cristiano dovrebbero essere monito da parte dei politici e scelti a modello, soprattutto in vista delle amministrative, si parva licet componere magnis. E’ giusto, a nostro avviso che le tante ideologie, idee, pareri e contrasti non perdano di vista il messaggio autentico del bene comune, della comunità e non dell’essere sociale, della persona realizzata nelle proprie formazioni sociali e non dell’individuo asservito all’unica ideologia che oggi conta ed assorbe tutte le altre, il liberismo sfrenato, la mancanza di religiosità, il vivere nella carne assoluta e non nella carne amorosa, che emana spirito dall’alma grazie al nostro essere gocce zampillanti della luce eterna. E le dispute, le divergenze e i conflitti tra gli apostoli magari siano anche d’esempio alle tante religioni in lotta tra di loro, per fini di liberismo accanito materiale occultato e non religioso. Che si trovi il giusto compromesso, in politica come in religione, in un’ottica sincretica e gnostica, che non esclude il diverso, ma impari da esso, da ogni credo o persona, e persino da ogni attività del singolo, di qualunque orientamento. Amarsi è riconoscere l’altro ed accoglierlo. La sapienza si raggiunge con lavorio d’ascolto. Nessuno può imparare da una persona sola, o da una sola ideologia, ma dall’umanità intera, dall’intera natura, dall’intero universo, da ogni essente emanazione del divino.

Giovanni Di Rubba

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