Dal convegno sulla famiglia la risposta al disagio relazionale degli sposi

ZioSe è vero che le parole sono la risorsa più efficace per coinvolgere gli individui di certo il convegno “La famiglia da nostalgia a profezia” organizzato dall’associazione Ianua Spei d’intesa con il comitato “Sì alla Famiglia” e tenutosi lo scorso 14 maggio nella sala pinacoteca delle suore del Cristo Re a San Giuseppe Vesuviano, ha raggiunto il suo primo obiettivo. “Comunicare vuol dire far circolare idee – esordisce Antonio Piccolo, dell’associazione Ianua Spei, a margine del convegno – , queste ci fanno da bussola nel dirigere le nostre relazioni e  le nostre azioni. Ecco perché, parafrasando Wiesel, scrittore ebreo sopravvissuto alla sterminio, la lotta è qui e parte da questa pinacoteca. Poco importa se saremo umili e forti, se il Messia verrà. Egli ha il volto di tanti uomini e donne di buona volontà che si sono imposti di vegliare, per citare il Vangelo di Marco al termine della vita pubblica di Gesù, e vivere il presente, unico tempo che ci appartiene, come momento di incontro con il Padre e senza abbandonarsi al fruibile che il mondo propone, tutelare in ogni modo l’istituzione famiglia”.

Nell’attesa del sinodo ordinario dei vescovi, che si terrà il prossimo ottobre e che avrà per tema: “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. È il tempo della responsabilità. “Un anno per maturare con vero discernimento spirituale le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà ed innumerevoli sfida che le famiglie devono affrontare”, così Papa Francesco al termine del sinodo straordinario dell’ottobre 2014. Ed è ciò che dona significato al presente e al domani, è ciò che trasforma la storia dei singoli. Il “vegliate” citato impone di non vivere assopiti, significa animare il presente, discernere. “Chi vigila – continua Antonio Piccolo, da febbraio ultimo scorso membro dell’Equipe Pastorale Famiglia e Vita della diocesi di Napoli – ha occhi ed orecchie aperte, non si lascia distrarre o peggio ingannare dai segni facili di questo mondo. L’azione del credente deve essere da cristiano piuttosto che in quanto cristiano, per citare Maritain. Ecco perché con forza ripetiamo che la famiglia è l’unione di un uomo con la donna legati dal vincolo del matrimonio”.

Quest’ultimo, però, è una chiamata esigente. Forse non conviene sposarsi, per dirla con un versetto dell’evangelista Matteo al capitolo 19?

“La parola del Vangelo ci provoca, ci inquieta – risponde Piccolo. I discepoli stessi rimasero scandalizzati dalla prospettiva enunciata da Gesù. Ciò, però, non deve spaventarci. Gesù offre se stesso come via. La Chiesa madre e maestra, strutturalmente educatrice. è chiamata alla propria responsabilità nei confronti delle giovani generazioni. Percorsi educativi ed iniziative al fine di mentalizzare e recuperare da parte di noi adulti la propria responsabilità educativa: giacché la sfida più grande è quella degli adulti verso gli adulti stessi, vista la grave negligenza di operatori e di educatori”.

Servono luoghi credibili come diceva Benedetto XVI?

“Sì, esclama Piccolo. La scuola come orizzonte comune, la parrocchia come fontana del villaggio”.

E lo stato?

“Il ruolo dello stato non è di inghiottire, annichilire l’individuo e la famiglia; sarebbe assurdo, contrario alla natura, dato che la famiglia esiste ancor prima della società, prima dello stato. Questo non può disinteressarsi dell’educazione, ma la sua parte contributiva è una collaborazione destinata a procurare ciò che è necessario e sufficiente per aiutare e perfezionare l’azione della famiglia”.

Divorzi in crescita, unioni di fatto, famiglia allargate o monogenitoriali, unione fra gay, la Chiesa…?

“La Chiesa, come scrisse Leone XIII, ha ricevuto Dio il mandato di opporsi alle istituzioni che danneggiano i credenti. Ha il compito di penetrare con la virtù del Vangelo le leggi e le istituzioni dei popolo”.

Qualcuno pensa ed afferma che ciò sia un attentato alla libertà.

Niente affatto! Se la Chiesa interviene è a ragione di ciò che essa considera come mandato divino in vista di proteggere la natura creata da Dio. Promettendo la salvezza la Chiesa non entra in concorrenza con nessuno stato, a meno che esso non voglia offrire una religione secolarizzata. Penso sempre che il Cristianesimo è più efficace alleato dei diritti naturali”.

Eppure dalla introduzione-provocazione di don Carlino Panzeri al convegno, responsabile della Familiare Pastorale di Albano Laziale, si è evidenziato che la famiglia perde colpi.

“La crisi della famiglia riveste volti diversi e non è transigendo sui principi fondati sulla Rivelazione che si aiuterà gli uomini e le donne a superare le difficoltà pur evidenti. Mi piace ricordare che la Chiesa non inventa regole morali. Partire dal disagio relazionali degli sposi, questa è l’emergenza, che è di tipo sociale, ma anche psicologico e pastorale. Bisogna comprendere il fenomeno nella sua natura, i fatti che lo determinano, per offrire alla comunità orientamenti. Capire se il disagio proviene da un problema economico, dalla scelta dell’educazione da imporre ai figli, dall’incomunicabilità sessuale, … e anche valutare l’efficacia della preparazione al matrimonio”.

Non si diventa sposi in otto puntate, come direbbe sempre Benedetto XVI?

“Penso alla parolina corso prematrimoniale, mi dice tanto di università, di sapientoni in cattedra. Accidenti! Bisogna cambiare rotta, e per cambiare bisogna essere creativi, come disse Papa Francesco lo scorso anno al congresso dei catechisti. Bisogna passare dalla trasmissione alla condivisione. L’era digitale ci ha fatto passare da un modello statico ad uno dinamico, direi partecipativo. La rete, per esempio, è una nuova agorà, per cui bisogna pensare ad una catechesi come un atto relazionale e comunicativo, in cui si enfatizza la portata del contributo umano al dialogo salvifico con Dio. Penso ad una catechesi che sia condivisione, che abbia i caratteri della reciprocità, della messa in comune delle proprie risorse e delle proprie esperienze. I valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati, e perciò abbiamo bisogno di catechisti competenti, ovvero formati”.

Come edificare il matrimonio sulla roccia?

“Penso sempre che il fidanzamento oggi è un periodo lungo di conoscenza fra due fidanzati, magari conosciutisi sui banchi del liceo. Penso ad una formazione per fidanzati, che magari parta da un’esperienza fatta da Giovanni Paolo II quando era ancora in Polonia, integrata da due momenti di lectio nel periodo di Avvento e di Quaresima. Edificare sulla roccia significa anche mettere nelle fondamenta del matrimonio la missionarità del sacramento, significa che la neo-famiglia deve divenire soggetto di pastorale, stimolo al servizio della Chiesa e nell’impegno quotidiano nella società civile. Così si espresse il Direttorio di Pastorale Famiglia della CEI già nel lontano 1969”.

Pensa ad un ruolo e a un impegno preciso dei gruppi famiglia?

Sì! Impegnati non solo nel servizio della parola o a semplici forme di culto. Bisogna aprirsi alle questioni morali e sociali del nostro tempo. Il Vangelo ci presenta un Gesù attivo non solo nel risanare le ferite dell’uomo, ma anche nel correggere le condizioni sociali che generavano le ferite. Egli partì dalla periferia, da Nazareth andò a Cafarnao e poi andò a Gerusalemme. Un concetto, quello di periferia, che non è solo di tipo grafico, bensì culturale. E risvegliando la coscienza di quanti lo seguivano insegnò ad essi non un Dio che guarisce, ma un Dio che insegna all’uomo a guarire se stesso per porsi come anima della società. Non è sufficiente conoscere ed essere sensibilizzati. Credere è abbracciare un progetto di vita per il bene comune. Solo così si passa da una fede emotiva ad una fede motivata, e ciò che importa non è il punto in cui ci si trova, ma la prontezza nell’ascolto della chiamata”.

Quindi dopo le parole è il momento di agire?

“Come direbbe Madre Teresa di Calcutta, ricordando un vecchio proverbio indù, invece di maledire  il buio, accendi un fiammifero. Partiremo con un centro di mediazione familiare, perché tra moglie e marito è giusto metterci il dito. Tenteremo di dare ascolto e mediazione alle coppie in crisi, con delle figure professionali acquisite quali una psicologa, un sessuologo, un avvocato e un mediatore familiare. Daremo sostegno psicologico individuale e familiare a quanti ce lo chiederanno, avvieremo ciò che serve per il sostegno alla maternità, all’affido, alle adozioni nazionali ed internazionali. Avvieremo uno sportello di orientamento ai diritti sociali e fiscali, al welfare della famiglia. Ci occuperemo di pastorale in situazioni difficili, accoglienza e percorso di divorziati e separati”.

A proposito di separati e divorziati, quali le strategie da mettere in atto?

“Bisogna trovare per essi una casa, un percorso unico. Al di là delle finalità che alcune esperienze producono e dei risultati raggiunti tali esperienza sono embrionali, non digerite da alcuni sacerdoti e che purtroppo dimenticano il malessere, il disagio, le insoddisfazioni di tanti figli, di genitori coinvolti in questa situazione”.

Giulia Sorrentino

Michele Di Matteo

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