“È da sottolineare – spiega P. Luigi Toscano, Superiore Generale dei Missionari dei SS. Cuori – come ci siano molte firme di donne di varie età tra le opere che hanno ricevuto riconoscimenti, compresa la vincitrice, simbolo di un tema, quello del perdono, che ha trovato nella sensibilità femminile una terra fertile di poesia e di arte”. Di una donna è anche la poesia che si è classificata al secondo posto, vale a dire ‘Il Perdono’ firmata dalla poetessa Rita Minniti, mentre terzo classificato è il poeta Piergianni Riva con ‘Cromosoma 21’. Tutte ragazze, invece, le tre classificatesi nella sezione dedicata ai giovanissimi, che anche quest’anno ha visto la partecipazione di tantissimi studenti, vale a dire in ordine dalla prima alla terza in graduatoria: Maria Ferrantini (I.C. Oriani Guarino), Balenzano Caterina (I.C. Grimaldi-Lombardi di Bari) e Leardi Chiara (I.C. Savio – Alfieri). Porta una firma femminile anche l’opera artistica sulla coperta dell’antologia dell’edizione 2015 del Premio, dove l’artista Anna Mandia propone il tema del concorso attraverso il volto maturo cosciente della colpa e il viso giovane di una fanciulla che indica la freschezza del perdono.
“Padre Gaetano Errico vive ancora attraverso il concorso e tutte le azioni che la Congregazione porta avanti nel mondo – afferma P. Antonio Palmiero, decano del Premio – ed è proprio il suo ricordo che dà il più grande significato a tutta la manifestazione perché senza alcun dubbio ritirare un riconoscimento è un grande traguardo e spesso un nuovo punto di partenza, ma il vero senso di tutto – conclude – è ricordare con la delicatezza dell’arte poetica un Santo che ha fatto tanto per il territorio e per il prossimo e con questa idea continueremo a promuovere il Premio”.
Ecco la poesia vincitrice:
‘L’amore che non ha prigione’, di Emilia Sensale
Ho visto la neve dove non dovevo vederla
e il sole scioglierla, trasformandola in perla
che resta sul palmo di mani in attesa,
mentre il coraggio si trasforma in amore
e una scelta può infine cambiare una vita.
Ho chiesto alla pioggia di scorrere sul cuore
e invano permettere all’atroce ricordo una resa,
tanto da cancellare la strada lunga e lastricata,
il palazzo incolore, le lacrime che scendono
lungo gote gonfie che dignità pèrdono.
Son cresciuta sulle macerie come l’erba guada
e così colsi di mattina, silenziosa, la mia rugiada
e di sera sfiorai il lungo filo di lana da lavorare,
delicato come fu l’indugio di quella primavera
che dell’inverno lesta toccò la pelle e non le vene.
La carità di Dio fu il ritorno sacro della sera,
quando il mio dolore riuscì a riposare
e capii che una nuova luce sarebbe tornata
e dolce fu questo improvviso abbandono
giunto con calma, per sogno, per dono.
Il mio miracolo è poter attempare sospesa
sui giorni di un calendario, anche se non illesa,
mentre le ore scandiscono un tempo prezioso
tra amabili gaudi, sorrisi attenti e un dolce sguardo
che senza una ponderata speranza avrei dissolto.
Il coraggio è una ripida scala, non un traguardo,
e ogni gradino è un sospiro commosso e fruttuoso
che permette di raggiungere un’agognata giustizia
e di ascoltare dall’orizzonte il celeste suono
di una parola che è simbolo di pace: Perdono.