“Sottomissione”: il romanzo del neoesistenzialista Houllebecq come riflessione sulla realtà socio-culturale alle porte

sottomissione recensioneLo scrittore francese Micheal Houllebecq, noto per la sua tormentata esistenza ed i suoi scritti neoesistenzialisti, ha pubblicato il suo ultimo romanzo, “Sottomissione”, edito in Italia dalla Bompiani, 2015.

La vicenda, ambientata in una Francia distopica del futuro prossimo, neanche troppo lontana dalla realtà possibile, narra di un professore universitario dalla gioventù abbandonata da poco, nell’età tra la semina ed il raccolto, che non mette in discussione tutto ciò che sinora ha fatto ma ne trae le terribili conseguenze psicologiche. Ottenuta la cattedra grazie alla sua tesi di dottorato su “Huysmans”, sente su di sé tutto il peso dello scrittore borghese antiborghese frutto dei suoi studi, cerca di rinnegarlo ma ne è in trappola. L’alone del disinteresse verso il piacere carnale, o meglio la completa inadeguatezza dovuta a vortici sartriani applicati alla vita quotidiana, rende, sotto l’ottica del docente, tutto un completo assurdo essere fine al materialismo vizioso delle piccole cose.

Intanto sullo sfondo una Francia che sta per cambiare, lo scoppio di una rivolta civile, come non se ne sentivano dall’autunno caldo. ‘Sta volta però il germoglio è la Fratellanza Musulmana, l’Islam e quello che c’è dietro. Una elezione presidenziale, una vittoria di compromesso, gli islamici scaltri che non si interessano di acquisire poltrone ma chiedono solo sia loro affidato il Ministero della Cultura ed Istruzione. Qualche ricco magnate arabo compra la Sorbona.
All’apparenza eventi poco importanti, ma è proprio grazie a tale dominio culturale che la società francese cambia radicalmente, divenendo quasi una potenza musulmana vassallo, dove i fedeli di Allah capiscono ciò che probabilmente capirono i Cristiani di duemila anni fa. Avere in mano la cultura equivale ad avere in mano il mondo.

E ciò ci apre a due spunti di riflessione, direttamente connessi tra loro. L’istruzione, ed è un punto, la società, ed è l’altro. La distopia futuristica hollebechiana non è per nulla fantapolitica acritica o divertente, sterile esercizio di stile circa i possibili eventi, scritto per i cultori delle realtà alternative. Né profezia. E’ ciò che è, l’imago di una realtà che, seppure non nel brevissimo tempo, come nella datazione dell’opera, dovremo prepararci ad affrontare. Partendo dall’Italia i dati sull’educazioni ed istruzione sarebbe superfluo persino dirli. Dal tre+due morattiano alla convalida germiniana di una classe studentesca sotto il giogo di una catasta di esami doppione ed inutili. Tanto per parlare dell’università. Università in cui l’interesse ruota intorno all’economia, talmente che si moltiplicarono corsi di laura per creare catene abnormi di dotti disoccupati. Ora ridimensionate. Ridimensionate nell’ottica economico-scientifica. Creare menti produttive, svelte scimmie rampicanti, le solite. E passare ai licei –denominazione da molti ritenuta arcaica, così come il tema, così come l’accademia-, un susseguirsi di test e quiz. E ovunque, nell’istruzione tutta, valorizzare il merito. E qui è l’intelligenza –ovvio solo umana- vostra. Il merito, esistono meritevoli che devono andare avanti, gli altri facciano altro.

Una repubblica platoniana viziata, staliniana, hitleriana, quella che si prospetta e designa, e ci appare giustissima. E le generazioni nuove, la mia, di poco passate, le appena, e quelle del presente e quelle del passato danno per rato questo sistema. I meritocratici, parola già orribile a pronunciarsi, già intrisa di cazzimma. La tecnocrazia, la sua conseguenza, ossia il totalitarismo liberale. Ed è quindi data per rata. Dall’Europa. Difende i valori di primo livello spazzando via ciò che deve esserci. Cerco ma non trovo il comma 2 art 3 e l’art 4 nelle costituzioni, cioè non usiamo paroloni, carte europee, trattatini. Ma non lo trovo. In pochi attimi dal 2001 al 2015 siamo stati capaci di eclissare tutti gli eventi disastrosi, che dovevano esserci da monito, del ’900, e siamo pronti a obnubilare e cancellare tutti i progressi che esso ci ha portato, tutte le libertà amorose a favore di quelle scaltre. I templi pullulano di mercanti ed i disoccupati invidiano i mercanti del tempio. E se il tempio si distrugge sulle rovine resta questa bimoralica e falsa ideologia mercantile che tutto sovrasta. Si è scelto il secondo padrone, il danaro. E i bambini e i giovinetti sfruttati vengono incanalati attraverso un imbuto di ideologia fantoccio, utile a sfogare la loro violenza. I Tagliagole dell’ISIS, gli studenti di College occidentali che si svegliano e sparano, o che si affacciano al balcone sparando.
La risposta non può e non deve essere il danaro. L’epoca partita nel ‘600 e detta del materialismo, è finita. E con essa tutto. L’Europa deve essere una comunità di diritto non d’economia e burocrazia. Se ne accorgono in Grecia, da poco in Spagna. In Italia dobbiamo sorbirci i grillini destromani e populisti da un lato, e se nel ’94 c’era l’attuale Mediaset di Berlusconi ora c’è l’internet di Casaleggio, e chi vuole fondare o crede di aver già fondato partiti anglosassoni, democratici e repubblicani.

Ma le cose vanno costruite sulla roccia, non sulla sabbia. Il laicismo (termine che dall’inizio del 2000 sembra aver mutato significato, ma io lo uso nel senso originale) dal ‘600 ha costruito sulla sabbia. Dov’è l’Anima e dove lo Spirito? Sono passati quindici anni dal nuovo millennio, ci giochiamo il tutto per tutto, non vincerà il liberismo, vincerà l’amore, vincerà l’uomo che non rinuncia alla sua divinità. Saprà l’occidente salvarsi? Non lo farà col materialismo e con le sue certezze stoiche da atei bigotti. Vincerà una religione, anzi la vittoria è concetto di chi ammette l’esistenza e la necessità della competizione. Convincerà una religione, la più capace di adattarsi e la più sincretica. Convincere senz’armi. Noi occidentali abbiamo dei fratelli di un’altra religione alle porte. Convincerli con i soldi ed il potere, certi dei nostri valori liberali-liberisti-libertinisti non funzionerà. Può funzionare coi tagliagole senza ideali.
Sarà un’azione non violenta, sarà un credo che miscelerà tradizione e sincretia che cambierà le cose. Facendo riscoprire l’essenza dell’uomo. L’uomo non può fare a meno del sé divino.

Giovanni Di Rubba

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