Con il suo romanzo “Gli artigli dell’innocenza”, Ornella Aprile Matasconi è una delle
finaliste del premio letterario RIPDICO — SCRITTORI DELLA GIUSTIZIA, per la sezione narrativa.
Il concorso, giunto alla sua nona edizione, nasce per iniziativa del Centro Studi di Diritto Fallimentare e Societario dì Roma e di RI.P.DI.CO. – (Rivista parlata del diritto concorsuale).
Grande considerazione, da parte della giuria, dunque, per il romanzo edito dalla casa editrice edizioni ACCA di Roma, che racconta le avventure di Lilia, una donna ingannata dall’amore.
“Ha deciso di non urlare, mentre lui la picchiava nell’ingresso, ha ricordato di essere una ragazza di ottima famiglia, nel suo cuore e nella sua mente ha visto suo padre e sua madre, ha sentito le loro voci rassicuranti, ha sentito di voler loro tanto bene, in quel momento le mancano tanto… uno scandalo sarebbe dannoso per il buon nome della famiglia. Così mentre lui la picchiava ha deciso di non urlare per non attirare l’attenzione dei vicini di casa”.
Lilia va avanti, oltre sé, e la vita che potrebbe imprigionarla. E decide di non subire. Né quando si tratta di falso amore, né quando si tratta delle Rose, il vecchio casale di famiglia trasformato in un delizioso agriturismo. Tutto è calmo, la vita sembra scorrere serena fino all’arrivo della polizia un uomo potente l’ha denunciata per abusi edilizi. Così s’ improvvisa – con successo – investigatrice riuscendo a dipanare l’enorme matassa d’intrighi, prepotenze e soprusi che si annida nelle Istituzioni che le sono intorno.
Ad aiutarla c’è Raffaele, un giovane giornalista d’assalto alla continua ricerca del marcio.
Ornella Aprile, si autodefinisce una scrittrice ” per caso”. Per caso, un po’ come per caso diventa investigatrice l’eroina del suo libro.
“Mai avrei immaginato di diventare una scrittrice”. Mi dice, con estrema franchezza. “E’ avvenuto per caso”.
E dal dolore. Mi racconta della sua storia. E’ una storia di dolore.
Un dolore che potrebbe ucciderla. E invece le consegna in dono una forza. Quella di scrivere.
“Ho scoperto che quando si arriva a certi livelli di sofferenza e agonia, il dolore diventa un compagno di viaggio.”
Chi è quindi per te Lilia? Le chiedo con curiosità.
“Una donna a cui immaginai di delegare il mio dolore. Le diedi il nome: “Lilia” dal latino “giglio”, volevo una donna delicata, pura nei sentimenti; su di lei ho riversato tutto quello che mi opprimeva e mi faceva stare male. Ho impiegato tre anni e mezzo per scrivere quello che è diventato il mio primo romanzo “Gli artigli dell’innocenza”.
Registro semplice e deciso, ma anche introspettivo e profondo; trama capace di indagare nel cuore dei suoi personaggi. L’autrice sembra quasi favorire l’identificazione del lettore con uno dei protagonisti. Le azioni descritte e i gesti sono solo apparentemente quotidiani. Tradiscono, invece, pensieri sotterranei e luoghi della mente che sono frutto di uno studio importante e costante che la scrittrice porta avanti, nel tentativo di creare una suspense e una scenografia da grande schermo. Un sequel di colpi di scena che tengono alta l’attenzione e l’occhio vigile sulla pagina, nella speranza di scoprire cosa si cela realmente dietro la prepotenza, i soprusi e la violenza
Con le parole di tutti i giorni, l’autrice ci consegna nelle sue pagine semplice e tangibile l’intreccio dei grandi moti dell’animo umano. Nella lotta quotidiana alle grandi e piccole ingiustizie.
Lo fa come lo farebbe la gente piccola e indifesa, senza “agganci giusti” (dice l’autrice n.d.r), eppure per questo più che mai eroe della propria vita.
La serata della premiazione sarà il prossimo 14 Luglio presso il circolo dei Canottieri a Roma. Me lo dice con pudore. Senza compiacimento. Né in quel modo plastificato di convenevoli, che assume il significato di irriverenza.
Me lo dice con quel coraggio dell’innocenza. L’innocenza di Lilia.
Ornella Scannapieco