I pargoli di quegli anni erano addestrati fin da subito alle bruttezze dei rapporti di parentela e vicinato.
Poi è arrivata l’età dei creduloni, del “volemose bene”, del quieto vivere e le storie tramandate per secoli hanno subìto una modifica. Un po’ come quella che la Sacra Bibbia subisce ogni anno dalla CEI, occorre adeguare i testi ai lettori e, cosa più importante, occorre che la lettura influenzi lo sviluppo dell’uomo, nei secoli dei secoli, Amen.
Analizziamo qualche classico.
Cenerentola= non occorre l’ arte e la scienza per comprendere che la fiaba su Cenerentola narri le vicende di una escort dei secoli addietro. Cenerentola ha una grande dote, è passivamente obbediente, esegue qualsiasi ordine le sia imposto. E alla fine sposa il principe, una figura quasi spirituale, presente specie per sottolineare il suo essere facoltoso (cioè ricco). Generazioni di bimbe sono cresciute nella convinzione che l’obbedienza e la bellezza portino alla ricchezza, arriverà poi qualcuno che ti salverà. E se seguiamo la storia alla lettera, il principe salverà anche senza conoscere affatto la salvata. Non a caso basta che ella calzi alla perfezione una scarpa per essere degna del trono di regina. Insomma, Cenerina non cercava l’amore, che avrebbe trovato pure nel giardiniere, panettiere o chiunque altro cristo appartenente al ceto basso-medio. Ma ambiva al potere del trono e alla ricchezza.
Oltre alla considerazione che Cenerentola sia una storia chiaramente sessista, tra le 300 versioni della storia, in una le sorellastre sono invitate a tagliarsi un dito per calzare la minuscola scarpetta e, alla fine, dopo il matrimonio di Cenerentola col principe, per punizione vengono loro cavati gli occhi da due piccioni vendicativi.
Cappuccetto Rosso= in questa storia si nota subito la negligenza della mamma di Cappuccetto nel mandare la bambina sola dalla nonna passando per il bosco deserto e la noncuranza della stessa signora verso l’anziana madre. Oltre questo, il racconto risale al XIV secolo, fu trascritto per la prima volta da Charles Perrault nel 1697. In tale versione, nonna e nipote vengono mangiate dal lupo. Adios lieto fine. Perrault pensava, infatti, che la storia dovesse servire alle bambine come avvertimento a non prestare ascolto a sconosciuti. Un po’ come il Pinocchio di Collodi, adattato alla rivista che lo pubblicava, nonostante l’autore pensò per lui la morte giacché mentiva a chiunque.
Biancaneve= il re tontolone c’è, la giovane e ambiziosa moglie c’è e non manca anche la maltrattata che troverà l’amore nel ricco principe, senza manco sapere che nome e voce avesse. Qui ci sono anche sette uomini (nani e innocui) isolati dal mondo perché bassi e innocui. Nella versione dei fratelli Grimm, Biancaneve non si risveglia col bacio del principe ma lui, colpito dalla bellezza della fanciulla morta, incurante della puzza che emana un cadavere, porta la bara al castello e la sposterà da un punto all’altro per contemplarne la bellezza. Un servo, stufo di scarrozzare quel peso morto, assesta un colpo alla schiena del cadavere, facendole rigettare la mela avvelenata. Biancaneve si sveglia e si sposa. La matrigna, in punizione, è costretta a danzare in scarpe incandescenti finché muore.
La bella addormentata nel bosco= nelle versioni antiche, tra cui quella di Perceforest e Giambattista Basile, il nobiluomo non risveglia la bella abbandonata nel bosco ma la mette incinta stuprandola. Nasceranno anche due figli, uno dei quali risveglierà la madre. Il nobiluomo era sposato e tornò ancora nel bosco per avere rapporti con la morta. La moglie, scoperta l’infedeltà, ordinerà al cuoco del palazzo di cuocere vivi i frutti del tradimento e di preparare la cena per il nobiluomo a base di carne umana. E con ciò lascerà lui. Il cuoco non avrà il coraggio di uccidere i bambini e sostituirà tale ingrediente con una pecora. La fine? La bella si ricongiungerà con l’uomo che la stuprò e vivranno felici assieme ai non mangiati figli.
È abbastanza evidente che un tripudio di cannibalismo, necrofilia, infedeltà, imperizia andava filtrato affinché noi fossimo pronti a crescere a suon di cenerentolate e convivenza con ometti bassi, non solo di statura.
Le nuove generazioni e quelle del futuro, però, possono stare sereni. Queste fiabe manipolate che inneggiano il trionfo della muta e accondiscendente sono robe per noi vecchi a cui non resta che la lamentela in poltrona tra l’uncinetto e l’ennesima replica di “Una mamma per amica”.
I giovanissimi e chi verrà hanno la loro iconica Peppa Pig, una maiala che in lingua originale insulta anche l’Italia.
Anna Di Nola