I carabinieri hanno identificato e fermato due persone, uno ritenuto vicino a un clan della zona, accusati di volere rapinare armi e soldi alla vittima.
I due rapinatori, entrati con l’inganno nell’abitazione della vittima, una casetta di campagna, erano a caccia delle sue armi, regolarmente dichiarate, e dei suoi averi. Non sapevano, però, che l’uomo non aveva più in casa i suoi 6 fucili e una pistola: la vittima è stata torturata fino allo stremo dai due suoi aguzzini, per ottenere indicazioni sul nascondiglio delle armi.
Riuscito a liberarsi, dopo alcune ore, ha chiesto aiuto al 112 riuscendo, a malapena, a fornire le indicazioni necessarie per raggiungerlo, prestargli aiuto e avviare le prime indagini.
I carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Napoli hanno identificato e poi sottoposto a fermo (emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia) due persone: si tratta di Giovanni Simeoli, 40 anni, residente nel vicino comune di Marano di Napoli, ritenuto vicino al clan camorristico dei “Polverino” operante nell’hinterland a Nord del capoluogo campano; e di Luigi Vallefuoco, 55 anni, ritenuto suo complice, residente a Napoli, che, secondo i militari, ha svolto il ruolo di basista malgrado fosse agli arresti domiciliari. In casa di Simeoli, nascosta in una dispensa, è stata trovata una pistola risultata rubata nel Napoletano lo scorso due giugno.
I militari sono riusciti a ricostruire i ruoli di entrambi gli indagati e sequestrare alcuni degli strumenti di tortura usati dai malfattori. Simeoli e Vallefuoco sono accusati di rapina con sequestro di persona. Gli inquirenti della DDA hanno ipotizzato anche l’aggravante dell’aver agito con sevizie e crudeltà.