Un’isola diversa da quella di oggi urbanizzata, ma che ancora esiste e resiste in alcune zone, specialmente a Mesola, a Pino, sul versante del Faro e quello della Grotta Azzurra, ed anche in quelle impervie di Capri sulle fiancate delle colline di Tiberio o nella valletta di Palazzo a Mare. Un albero che non era considerato solo come tale, ma che con i suoi frutti, le olive era anche una fonte economica per alcuni e per altri un alimento da consumare nei lunghissimi mesi invernali quando l’isola diventava un vero e proprio scoglio in mezzo al mare, lontano dagli approvvigionamenti da terraferma.
E’ nata da questa filosofia l’idea di alcune persone che hanno costituito l’associazione “L’oro di Capri” di curare le tante piante di ulivo disseminate per l’isola e tradurre la loro fatica nella produzione di questo prezioso alimento naturale. La presidenza onoraria de “L’oro di Capri” è stata affidata dagli stessi anacapresi a Gianfranco D’Amato, un non-caprese che è contraddistinto dall’amore di questo luogo e per la conservazione dell’ambiente locale. A creare l’associazione sono stati i soci fondatori Gianfranco D’Amato, Aniello Catuogno, Alessandro Maresca, Attilio de Gregorio, Pierluigi Della Femina, Vincenzo Torelli e Carlo A. Lelj Garolla, coordinatore dell’intervento.
La presidenza è affidata all’anacaprese doc Pierluigi Della Femina, Un team che ama la propria isola e tutto ciò che produce. L’associazione L’Oro di Capri è sicuramente destinata ad espandersi, basta avere nel proprio appezzamento uno o più alberi di ulivo per chiedere di aderire all’associazione rifacendosi alle tradizioni tramandate dagli antichi isolani. Il recupero include, oltre il ritorno ad una tradizione che a Capri era rigogliosa, come quella della coltivazione delle olive, anche una buona gestione del territorio, ricostruendo quegli oliveti che una volta erano l’orgoglio dei capresi e che oggi in alcune zone giacciono dimenticati ed abbandonati.
Martedì 22 inizierà la raccolta, una tre giorni dedicata ad una vastissima zona che va da Orrico, quasi a ridosso della Grotta Azzurra per arrivare a Mesola. In seguito la raccolta avverrà a macchia di leopardo e la seconda fase interesserà le zone di Pino e del Faro. Le olive saranno trasportate in un frantoio in penisola per la trasformazione nel prezioso alimento. Soddisfatti i soci che hanno visto prendere corpo in poco tempo l’iniziativa da loro caldeggiata, che ha avuto per promotore Gianfranco D’Amato, che intende tutelare l’ambiente di Anacapri e non solo grazie a questo tipo di intervento attraverso la natura.