Devastato il cimitero di Pomigliano d’Arco

12033462_10207424301956093_1364390540_nCerto Pomigliano d’Arco non potrà dimenticare la mattinata del 17 settembre. Uno dei gesti più irrispettosi, sacrileghi, ignobili, infami e vigliacchi è stato compiuto nella serata del giorno precedente. Lo spettacolo è post-apocalittico e raccapricciante, la rabbia incommensurabile.

Uno dei due cimiteri della cittadina pomilia, per la precisione il più antico, detto “Cimitero Vecchio” dagli abitanti, ha subito un raid che definire vandalico è una offesa al popolo barbaro che ebbe rispetto e seppe fermarsi almeno dinanzi al divino, salvando tra l’altro le opere di Sant’Agostino d’Ippona.

Entrando nel cimitero lo sgomento è tanto, troppo: le tombe distrutte, immagini sacre e fioriere in rame e ottone portate via a colpi di martello.
I cittadini impietriti ed in lacrime accanto ai poveri resti dei familiari, gesto tanto più riprovevole in quanto compiuto, stando a quanto sin ora emerso e reso pubblico, per fini di lucro, al solo scopo di trafugare infissi e suppellettili in metallo, asportare fioriere in ottone e in rame, fissate con dei bulloni sulle coperture di marmo delle tombe.

Sono una decina i sarcofagi violati e distrutti, su alcune cappelle, addirittura, lo spettacolo è ancora più raccapricciante, resti dei trapassati gettati alla rinfusa e scoperti, con ossa e teschi visibilissimi in quanto sprovvisti della copertura di marmo.
Ci si chiede chi possa aver compiuto un tale atto, chi abbia potuto mancare d’onore, dignità e rispetto verso un luogo sacro, il tempio del riposo corporale, l’allegoria della vita eterna.

Sono eventi che mai vorremmo sentire, mai sperare possano essere concepiti dalla mente umana. Chi manca di rispetto agli antenati, chi, di qualsiasi credo, fede, religione, posizione nei confronti dell’assoluto, gioca con la morte ed il riposo eterno non potrà mai avere considerazione non dico della sua anima, né delle altre persone, tremendamente colpite dal becero gesto, e non dico nemmanco nei confronti di sé stesso, ma mai avrà la considerazione della vita stessa e del suo preziosissimo valore, del ricordo e della memoria storica.

Giovanni Di Rubba

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