A Pompei continua l’attività di ricerca e di studio nei luoghi meno conosciuti degli scavi archeologici: questa volta ad essere ‘riscoperte’ e ad essere riportate alla luce sono le Terme Repubblicane, il quinto dei complessi termali identificati a Pompei e presumibilmente il più antico stabilimento pubblico conservato nel sito.
L’edificio, adiacente l’ingresso del Foro Triangolare, nel corso della prima età imperiale (I sec. d.C.) era andato in disuso ed era stato inglobato dalle residenze private confinanti, quali la casa della Calce e la casa delle Pareti rosse. Venne scavato nel 1950 da Amedeo Maiuri che ne documentò la planimetria, da allora non era stato più indagato e la terra e la vegetazione l’avevano interamente coperto.
L’attività di studio, avviata grazie al progetto dell’Università di Berlino (Freie Universität) diretto da Monika Trümper in collaborazione con la Oxford University, e voluto dalla Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia, è stata articolata in due fasi: la prima, condotta nel mese di marzo con la pulizia generale dell’area e il rilievo architettonico, ha riportato alla luce la struttura delle terme scavate da Maiuri; la seconda, una campagna di scavo conclusasi in questi giorni e durata 3 settimane, ha cercato di comprendere l’evoluzione nel tempo dell’architettura e della tecnologia utilizzata per gli spazi termali.
Le Terme Repubblicane difatti, essendo tra le più antiche documentate a Pompei, si caratterizzano come momento di sperimentazione che confluisce nella soluzione ottimale delle Terme Stabiane, poco distanti e immediatamente successive, che rappresentano un modello perfetto di complesso termale con la tradizionale suddivisione e impostazione tecnologica poi in uso presso tutti gli edifici del genere.
Conferma della più antica origine di queste terme potrebbe proprio essere la presenza di intercapedini areate poste al disotto del pavimento per creare la camera per il passaggio dell’aria calda per il riscaldamento degli ambienti termali, realizzate da una serie di canali paralleli, in luogo del tradizionale sistema delle colonnine di mattoni poi comunemente adottate in tutte le terme romane. Le indagini di studio si sono non a caso concentrate nell’area del laconicum (sauna) e del praefurnium (fornace), che risultano tra gli esempi più antichi noti per la fase di passaggio dal modello greco a quello romano, al fine di precisarne lo sviluppo cronologico e il funzionamento.
Oltre all’attività di scavo si è prodotta una nuova pianta dell’area e la schedatura mediante fotogrammetria e/o laserscan di tutti gli elementi architettonici e decorativi. La campagna proseguirà in futuro con ulteriori indagini stratigrafiche dell’edificio per precisarne fasi e funzioni dei diversi settori. I risultati delle ricerche sono fondamentali per fornire tutti gli strumenti scientifici necessari alla progettazione del restauro, alla conservazione e alla finale fruizione da parte del pubblico.