“Amori sfigati”: intervista a Chiara Rapaccini

ssVia del Boschetto 61.
Roma. Una porta, tre scalini e un mondo di colori, vignette e illustrazioni. Il mondo di Chiara Rapaccini.
Mi affaccio. C’è gente. Turiste. Straniere e incuriosite. Le chiedono “sei tu l’artista”?
Si alza. È bionda piú di loro. Con delle gambe lunghissime. E capisci perché una sera la invitò a cena Mario Monicelli. Suo compagno,poi, per oltre 30 anni.
È gentile. Mi accoglie con un sorriso. Mentre spiega alle clienti le “unlucky lovstories” ( ndr mi spiegherà più tardi della difficoltà di tradurre le sfumature che porta la parola “sfigati” in altre lingue.)
“Amori sfigati”. Rap di Amori sfigati. Così la conosce il popolo della rete.

E l’ occhio mi cade su una cartolina. Sono due donne. Presumibilmente amiche. E uno scambio di battute: “M’ha detto vai a cagare. Che significa?” Domanda l’una. “Ha paura”. Risponde l’altra. Secca.
“Amori sfigati è l’unico luogo del web in cui si parla di amore in modo crudelissimo, satirico, in cui non risparmio né l’uomo né la donna” mi dice incominciando a parlarmi di come nacque l’idea 4 anni fá, e della scatoletta piena di figurine, “santini” che parlano di primi appuntamenti disastrosi, amori sbilanciati, messaggi non spediti, scuse riciclate, con la prefazione a cura di Elio e le storie Tese.
“Da poco mi era finito un amore e incominciai a scrivere di tutto ciò che accadeva tra me e quest’uomo” mi spiega l’artista fiorentina. “E poco a poco iniziai a capire quanto faceva ridere”
La Salani Magazzini pubblicó il suo primo lavoro cartaceo. E di lì al blog il passo fu breve. Oggi Chiara gli dedica una buona parte del suo tempo, ripagata dalla riconoscenza di tantissimi fan.
Chiara è un’artista straordinaria, un po’ illustratrice, un po’ pittrice, scultrice, designer, e scrittrice per grandi e piccoli. Con profondità e tanta ironia pungente, racconta il complesso universo dei sentimenti.
” Io giro con l’ipad” mi racconta che il mondo è la sua ispirazione.

“Sull’autobus o sull’aereo mi capita spesso di ascoltare i dialoghi tra coppie – spiega -, o di vedere un murales a Napoli come a Berlino con la scritta ti amo e m’immagino la risposta; così prendo appunti e nasce una vignetta”. Ma spesso sono i suoi seguaci sul blog a suggerirle alcune battute: “ Mi scrivono almeno 60 persone al giorno; io trasformo in vignette le loro idee, perché gli Amori sfigati sono un vero e proprio movimento”.
“Ti posso chiamare Amore?” dice lei. Con le tettine. “Preferisco Ugo”. E sopra un cuore capovolto. E’ un’altra vignetta. Crudele e coloratissima.
Parliamo del suo segno e delle sue battute.

“La mia formazione non è scolastica. Sono un’autodidatta. Ho avuto sempre idee ben precise sul segno e su quello che volevo esprimere” Mi spiega mentre si stende sullo sgabello. ” Che io faccia un tavolo, un libro per bambini o un libro pornografico, il segno non cambia mai”
Triangolare. È un segno mai morbido. Mai rotondo. Primitivo. Bizantineggiante.
Sempre a punta. Come la sua ironia.

“Il mio eroe è Massimo Campigli. Fiorentino come me”
E così che mi parla del suo ultimissimo lavoro. Dicono che copio Campigli. Punto é vero uno. Punto è vero due. Fino a 8.
E mi illustra le bellissime pitture su tavole di legno grezzo su cui spiega perché copia il pittore del 900. Sempre tutte da ridere.
“Sono toscana” Risponde così alla mia domanda sulle origini del suo umorismo.

“Maledetti toscani”. E mi cita Curzio Malaparte. “Maledetti toscani che riescono a ironizzare sulla situazione più tragica a creare imbarazzo nel momento di maggiore allegria”
“Lo stesso Monicelli, mio marito, con Amici miei sdoganó l’umorismo toscano” continua, ricordandomi poi tutti i grandi del cinema italiano che ha vissuto, il padre e lo scambio di battute col marito che hanno contribuito alla sua formazione di artista e donna. E alla sua battuta pronta. Immediata. Basata sul ritmo delle gag. “Tatá”. Mi riproduce il suono delle farse americane di Buster Keaton, Stanlio e Ollio e Charlie Chaplin.
Le chiedo ” Ti senti una donna fortunata o sfigata? ” ” Sono cresciuta con due maschi dominanti. Bisogna uccidere i parenti. E mi fa riferimento alla scena del capolavoro di Monicelli, Parenti Serpenti, in cui i figli uccidono i genitori la notte di Capodanno. Con una stufa.
Impietosi.

E sorride. “Io vengo da quella roba lì”
E grazie a quella roba lì, che ha rimasticato e fatto sua, al particolarissimo balance di parole e ritmo che la contraddistingue che porta messaggi forti.
A volte necessari, seppur violenti.
“Presto a varie cause le vignette di amori sfigati” conclude l’artista toscana.
E mi fa riferimento al Veneto e la Regione Lombardia e la campagna anti- gender, o ai licenziamenti che troppo spesso non garantiscono futuro ai giovani e non di questo Paese.
“parlando di amore, parlo di politica” Non quella partitica. Mi precisa.
“Questa è l’arte. Arrivare in un posto dove la gente non ti aspetta”
E a noi è arrivata. Puntuale.
Con le sue piccole pillole del buonumore.

Ornella Scannapieco

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