Nulla da dire sulla telegenia del sindaco Ciro Buonajuto ne sull’evidente voglia di crescere, politicamente parlando, del primo cittadino (Roma caput mundi). Ci si augura però che tale grinta sia concretamente e continuativamente messa a servizio di una comunità che deve darsi priorità e in tempi utili: sotto gli occhi di tutti la desertificazione che mette alle corde le attività commerciali della zona, i rancori sterili che permangono nell’aula consiliare e soprattutto gli attacchi verbali, spesso violenti e inopportuni, che inquinano i social network al minimo riferimento all’intoccabile di turno.
Perché è questo che Ercolano combatte in realtà da sempre: la lesa maestà di chi continua a ritenersi super partes nella ferrea determinazione di non cedere la propria leadership sul territorio. Nel frattempo, fortunatamente, altri commercianti sembrano seguire l’esempio filantropico di Angelo Russolillo sempre dalla parte dei più deboli nonostante la forte recessione economica in atto e la non sempre vigile attenzione da parte del governo locale per le esigenze di chi ha avuto il coraggio di investire in città.
Gli scenari sono cambiati: non è più tempo di retorica, di scontri tra colossi della politica indigena per questioni di prestigio personale ma di sinergia tra le forze in campo senza badare a colorazioni politiche o a maggioranza e opposizione. Altrimenti si avrà sempre l’impressione che si parli di due contesti diversi: uno contornato da eventi culturali di spessore e teatro di sfilate per ministri, deputati e uomini di potere l’altro misera testimonianza dei limiti storici di un contesto vesuviano che non riesce ad emergere dall’immobilismo che per decenni ne ha penalizzato produttività e vivibilità. In sintesi: una Ercolano di serie A per i ricchi e potenti e una di serie B per la gente meno fortunata? Al sindaco Buonajuto l’ardua sentenza.
Alfonso Maria Liguori