Tre marescialli della Guardia di Finanza in servizio a Napoli e Roma, Antonio Izzo, Nicola Ponticiello e Massimo De Luca, sono finiti ai domiciliari per corruzione: soldi in cambio di “aiuto” nei concorsi per entrare nell’arma.
Al di la dell’episodio di cronaca in sè si è di fatto la scoperta l’acqua calda: non comprendiamo perché desti tanto clamore un modus operandi che dura da sempre, una vergognosa borsa nera che ha privato migliaia di giovani dei propri diritti. Perché sia chiaro: per ogni raccomandato resta fuori uno più meritevole, ma figlio di nessuno.
Ecco che indegnamente si veste l’uniforme di stato senza alcuna morale avvalendosi delle funzioni pubbliche per interessi privati. Nelle forze dell’ordine c’è chi espleta il proprio ruolo con onestà e zelo: a loro il plauso incondizionato degli onesti contribuenti. Purtroppo a questi buoni servitori dello Stato segue una schiera di corrotti, incompetenti e fanatici che gettano quotidianamente fango su un’Italia in vistoso affanno.
Quello che sconcerta è perché una volta assicurati alla giustizia questi disonesti non si proceda poi con l’identificazione e l’espulsione dal corpo di chi ha beneficiato del sistema “mazzetta” per entrare a far parte delle forze di polizia.
Come si può pretendere che questi individui difendano i cittadini dal malaffare quando sono loro stessi figli dell’illegalità è francamente incomprensibile. Allora basta con la retorica, con il prendere per i fondelli cittadini rei solo di non appartenere a poteri massonici, politici corrotti o camorristi di rilievo. Se si vuole fare pulizia sul serio la si faccia senza guardare in faccia a nessuno riesumando meritocrazia e lealtà, valori ormai sepolti da tempo. Troppo spesso assistiamo a palesi anomalie nel mondo del lavoro: individui licenziati per peculato comprovato riassunti e premiati poi nel tempo con incarichi superiori, scansafatiche intoccabili e assenteisti cronici altrettanto invulnerabili ai preposti controlli.
A pagarne le spese la gente onesta, il cittadino comune: persone per bene ma facilmente (ed erroneamente) etichettabili “stupide e incapaci ”, da sciacalli senza scrupoli che continuano imperterriti ad inquinare la società con l’arroganza propria di chi della disonestà ha fatto ragione di vita.
Alfonso Maria Liguori