Il Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli ha assestato un altro durissimo colpo al patrimonio illecito accumulato nel tempo dal clan dei “Casalesi” – fazione “Bidognetti”, una delle consorterie criminali più pericolose ed economicamente più forti dell’area casertana.
Nei giorni scorsi, infatti, i militari del Gico hanno confiscato beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 21 milioni di euro, tutti riconducibili a Paolo Diana, imprenditore nel settore dei trasporti e del commercio di autoveicoli, conosciuto negli ambienti criminali con il nome di “Scarpone”. Si tratta, in specie, di 24 fabbricati e 44 terreni (ubicati nei comuni Roma, Castel Volturno e Villa Literno), di 2 autovetture, 52 rapporti finanziari, 9 pacchetti azionari e 4 società.
È stato il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ad emettere il provvedimento definitivo nei confronti di questo esponente di spicco dei “Casalesi”, sulla base delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e sulla scorta delle indagini svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria partenopeo.
L’attività investigativa svolta dalla Guardia di Finanza ha dimostrato, tra l’altro, come Paolo Diana abbia provveduto nel tempo, direttamente o con la collaborazione dei figli Nicola e Pasquale, a fornire denaro o autovetture di grossa cilindrata (tra cui, Ferrari e Maserati) agli esponenti di spicco del clan, ad assicurare appoggi logistici per l’esecuzione di agguati mortali nonchè a mettere le proprie abitazioni a disposizione come basi di appoggio durante la guerra fra le diverse fazioni camorristiche, fungendo da intermediario per fissare incontri tra affiliati latitanti e amministratori politici.
Più nel dettaglio, è stato appurato che lo stesso imprenditore ha ospitato, presso le proprie abitazioni, latitanti e camorristi del calibro di Domenico Bidognetti detto “Bruttaccione”, Luigi Guida detto “Gigino ‘o drink”, Egidio Coppola alias “Brutus”, posti ai vertici del sodalizio criminale.
La ricchezza indebitamente accumulata era già stata oggetto di sequestro nel 2011, su disposizione del medesimo Tribunale, che aveva accolto la proposta avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, all’esito degli accertamenti svolti dallo stesso Gico della
guardia di inanza, con cui era stato appurato che Paolo Diana disponeva di un patrimonio mobiliare, immobiliare e finanziario di valore nettamente sproporzionato rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi e alle altre attività economiche svolte.
La medesima Autorità Giudiziaria, confermando la pericolosità sociale del predetto imprenditore, ha ora ordinato la confisca dei beni a lui direttamente e indirettamente riconducibili, che ora rientreranno definitivamente nella disponibilità dello Stato.